Bhatti: deluso per scarcerazione imam che aveva accusato falsamente Rimsha
E’ deluso Paul Bhatti, consigliere del ministro per l’Armonia nazionale e presidente
dell’Alleanza pakistana delle minoranze, per la scarcerazione a Islamabad dell’imam
che aveva falsamente accusato di blasfemia una ragazza cattolica affetta da disabilità
mentale. In seguito alle sue dichiarazioni, Rimsha era stata arrestata e numerosi
cristiani erano dovuti sfuggire agli attacchi dei musulmani radicali. L’imam era stato
in seguito inchiodato da testimoni oculari che lo avevano visto strappare pagine del
Corano per inserirle nella borsa della ragazza. Ora arriva l’assoluzione per la mancata
presentazione in tribunale dei testimoni. FrancescaSabatinelli ha intervistato
Paul Bhatti:
R. – La notizia
è veramente deludente, e mi ha lasciato veramente perplesso: questa non è una notizia
di cui dev’essere preoccupata solo la comunità cristiana, ma anche quella musulmana,
in quanto questo imam ha fatto un’accusa falsa mettendo delle pagine del Corano nella
borsa della ragazza, e di questo ci sono stati testimoni musulmani. Perciò, prima
di tutti lui ha commesso un atto di blasfemia, secondo la legge islamica, e questo
dovrebbe essere un momento di grande preoccupazione per la comunità musulmana. Seconda
cosa: ci sono le prove attendibili. Quando è stato accusato, c’erano i due principali
testimoni, che erano in preghiera nella moschea. Avevamo chiesto a questi se fossero
disposti a rendere testimonianza davanti alla Corte, e loro si sono offerti volontariamente.
Allo stesso tempo, c’è stato un canale televisivo importante che ha intervistato i
testimoni, e questi hanno dichiarato a questa tv che era stato l’imam, e abbiamo anche
la registrazione di questo! Successivamente, questi testimoni hanno dichiarato di
fronte al giudice che era stato l’imam. C’è un articolo della nostra legge che dice
che quando una persona rende una dichiarazione di questo tipo, debba essere senza
pressione, e quindi il giudice gli dà tre possibilità: una prima dichiarazione, poi
il tempo di pensarci e torna una seconda volta; poi, la seconda volta gli dà un ulteriore
tempo per ripensarci e torna una terza volta. Quando il testimone per tutte e tre
le volte rende la stessa dichiarazione e afferma di non essere sotto alcuna pressione,
allora questa dichiarazione non può essere più cancellata, anche se il testimone ad
un certo punto, successivamente, dovesse affermare che la dichiarazione resa non sia
vera.
D. – Con le prove che avete, è possibile procedere ad un ricorso?
R.
– Sì, sicuramente è possibile. Però, per questa possibilità ci deve essere un supporto
economico perché gli avvocati che seguono queste cause chiedono molto denaro, perché
corrono molti rischi. Allora, avendo mezzi limitati spesso non riusciamo a muoverci
…
R. – Voi ci state pensando?
D. – Sì … Noi ci stiamo pensando, ma io
dovrei consultare gli avvocati e vedere poi se i finanziamenti mi permettono di pagare
l’avvocato. Io dentro il mio cuore sono convinto che il ricorso vada fatto: la verità
deve venire fuori.
D. – Secondo lei, perché questi testimoni hanno tutti ritrattato
la loro dichiarazione?
R. – Non è che l’hanno ritrattata: non possono ritrattarla
secondo quell’articolo di legge che ho citato prima. Il fatto che loro non si siano
presentati significa che hanno subito una forte pressione, probabilmente dalla comunità.
Anche quando era in corso il processo a Rimsha, venivano 100-200 persone e questi
incominciavano ad urlare, a inveire contro il giudice. Probabilmente, anche il giudice
si è trovato sotto pressione: questo succede spessissimo! Succede anche con tantissime
accuse di blasfemia: al processo di primo grado vengono accusati, al processo di secondo
grado, al quale non possono assistere tutte le persone e dove c’è anche una certa
sicurezza, vengono assolti.