Egitto: arrestato leader dei Fratelli Musulmani, imminente scarcerazione di Mubarak
In Egitto non accenna a diminuire la protesta dei Fratelli Musulmani, che chiedono
il reintegro del deposto presidente Morsi. Arrestati: la guida suprema dei Fratelli
Musulmani, Mohamed Badia e il portavoce dell'Alleanza delle formazioni pro-Morsi Youssef
Talaat. Uccisi ieri nel Sinai 27 poliziotti. Intanto, sorprende la notizia dell’imminente
scarcerazione dell’ex rais Hosni Mubarak, mentre la comunità cristiana è sempre più
preoccupata per il coinvolgimento nelle violenze di questi giorni. Dal Cairo, Giuseppe
Acconcia:
L’ex presidente
egiziano, Hosni Mubarak, potrebbe essere rilasciato nelle prossime ore. È stato il
suo avvocato Farid al-Dib a parlare di possibili arresti domiciliari in seguito al
proscioglimento, stabilito dalla Corte del Cairo, in merito alle accuse di corruzione.
Tuttavia Mubarak potrebbe rimanere in carcere in relazione al processo in corso per
guadagni illeciti e per donazioni al quotidiano filogovernativo Al-Ahram. In riferimento
agli incendi di chiese cristiane degli ultimi giorni, Rafiq Greiche - portavoce dei
vescovi cattolici egiziani - in un’intervista all’agenzia Fides ha sottolineato che
“non si tratta di una guerra civile”. Greiche ha aggiunto che cristiani e musulmani
si sono adoperati insieme per domare le fiamme. Dal canto suo il segretario generale
delle Nazioni Unite, Ban ki-Moon, ha chiesto un’inchiesta completa sulla morte in
Egitto di 37 detenuti, affiliati dei Fratelli Musulmani, asfissiati dai gas lacrimogeni
nel corso di un presunto tentativo di evasione, nella notte di domenica scorsa. Mentre
il procuratore generale Hisham Barakat ha annunciato provvedimenti di detenzione preventiva
per oltre 360 esponenti della Fratellanza. Infine, il Dipartimento di Stato degli
Stati Uniti ha avanzato dubbi sulla possibilità, annunciata dal premier ad interim
Hasem Beblawi di mettere al bando il partito dei Fratelli Musulmani.
Sulla
crisi egiziana abbiamo raccolto il commento di Gabriele Iacovino responsabile
analisti del Centro Studi Internazionali. L'intervista è di Massimiliano Menichetti:
R. – Questo
scontro per ora non sembra avere soluzioni; sta diventando sempre più una crisi che
va a minare alle basi e la solidità dell’Egitto, un Paese importante non solo per
l’area mediorientale, ma anche per tutto il bacino Mediterraneo.
D. – Questa
crisi fa pensare a quella del 1952, la detronizzazione del re egiziano Farouk: allora,
l’esercito e la Fratellanza musulmana agirono insieme, a capo della Fratellanza c’era
il generale Naguib che poi, come Morsi, venne destituito dopo un anno di potere …
R.
– Dalla salita al potere di Nasser in poi, nei confronti della Fratellanza da parte
dell’esercito – o comunque del regime – c’è sempre stato un controllo, una chiusura
che solo negli anni del regime di Mubarak si è andata ammorbidendo, facendo sì che
anche gli esponenti della Fratellanza musulmana – non organizzati in partito, ma come
indipendenti – potessero partecipare alle elezioni. In queste settimane, lo scontro
è aperto anche perché la Fratellanza, dopo la caduta di Mubarak, ha visto la possibilità
di un percorso verso l’islamizzazione della politica. E naturalmente il colpo di Stato
da parte dell’esercito ha di nuovo riacceso la dinamica di scontro tra i militari
e la Fratellanza.
D. – I militari, lo ricordiamo, in Egitto gestiscono i gangli
vitali dell’economia: in un certo qual modo hanno, da sempre, guidato il Paese, anche
se non direttamente …
R. – Il potere dell’esercito egiziano è al di là del
potere istituzionale. Si parla della gestione di industrie che vanno dall’imbottigliamento
dell’acqua all’assemblaggio delle automobili, quindi un quadro economico a 360 gradi.
Da qui, il peso dell’esercito: presente sia nella caduta di Mubarak, sia nella destituzione
di Morsi dopo un anno di governo in cui sia la Fratellanza musulmana, sia l’opposizione
politica alla Fratellanza musulmana non sono state in grado di riavviare le dinamiche
istituzionali e democratiche del Paese.
D. – La situazione egiziana ha ricadute
pesanti anche in altri Stati come Arabia Saudita, Kuwait, Emirati Arabi, Qatar, da
una parte; vediamo anche le preoccupazioni degli Stati Uniti e della Russia …
R.
– Per anni l’Egitto e l’Arabia Saudita si sono contesi lo scettro di potenza della
regione mediorientale, e le difficoltà delle istituzioni egiziane in questo momento
destabilizzano l’intera area. Ci sono anche Paesi come il Qatar che hanno scommesso
sulla Fratellanza musulmana in Egitto, per diventare un nuovo protagonista; ma la
crisi pone problematiche e interrogativi anche per gli Stati Uniti che, nel corso
degli ultimi 20 anni, hanno sempre avuto nell’Egitto uno dei capisaldi della politica
nell’intera regione.
D. – In questo quadro, anche gli incontri dell’Unione
Europea per decidere una posizione contro la crisi?
R. – A livello europeo
si parla di possibili sanzioni economiche nei confronti dell’Egitto. Questa decisione
però potrebbe avere come risultato un ulteriore aggravio della situazione economica.
Il rischio è che le difficoltà siano sfruttate da chi guarda a quel jihadismo globale,
il cui punto fondamentale è al Qaeda, per destabilizzare ulteriormente l’Egitto e
prendere il sopravvento nel Paese.