2013-08-18 11:28:01

Il Papa al Meeting di Rimini: il potere teme chi dialoga con Dio. Mons. Lambiasi: i credenti abbiano il coraggio di andare controcorrente


Con la Messa celebrata dal vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi, durante la quale si è letto il messaggio inviato da Papa Francesco, si è aperta alla Fiera la 34.ma edizione del Meeting per l'Amicizia tra i Popoli, promosso da Comunione e Liberazione, sul tema "Emergenza Uomo". Per il Papa, il potere teme chi dialoga con Dio perché ciò rende liberi. Sul contenuti del suo messaggio, ascoltiamo il servizio di Luca Collodi, inviato a Rimini:RealAudioMP3

Il mondo è interessato all’uomo. Il potere economico, politico, mediatico ha bisogno dell’uomo per perpetuare e gonfiare se stesso. E per questo cerca spesso di manipolare le masse, di indurre desideri, di cancellare ciò che di più prezioso l’uomo possiede: il rapporto con Dio. Il potere, scrive il Papa nel messaggio al Meeting di Rimini 2013, teme gli uomini che sono in dialogo con Dio poiché ciò rende liberi e non assimilabili. Ecco allora l’emergenza-uomo, prosegue Papa Francesco, che il Meeting per l’Amicizia tra i Popoli pone quest’anno al centro della sua riflessione: occorre, scrive il Papa, tornare a considerare la sacralità dell’uomo e nello stesso tempo dire con forza che è solo nel rapporto con Dio, cioè nella scoperta e nell’adesione alla propria vocazione, che l’uomo può raggiungere la sua vera statura. Per questo la Chiesa ha una grande responsabilità. Andiamo con coraggio incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo, esorta Francesco, ai bambini, agli anziani, ai “dotti” e alla gente senza alcuna istruzione, ai giovani e alle famiglie. Facciamolo non solo nelle chiese e nelle parrocchie, ma nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro, negli ospedali, nelle carceri, ma anche nelle piazze, sulle strade, nei centri sportivi e nei locali dove la gente si trova. E’ questo, sull’esempio di Cristo, che ha lasciato il suo cielo per farsi uomo ed essere vicino ad ognuno, il compito della Chiesa e di ogni cristiano. “Emergenza uomo”, significa allora l’emergenza di tornare a Cristo. La povertà, aggiunge il Papa, non è però solo quella materiale. Esiste una povertà spirituale che attanaglia l’uomo contemporaneo. Siamo poveri di amore, assetati di verità e giustizia, mendicanti di Dio. La povertà più grande, conclude il Papa citando il servo di Dio Mons. Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, è la mancanza di Cristo, e finchè non porteremo Gesù agli uomini avremo fatto per loro sempre poco.

Del richiamo di Papa Francesco per questa edizione del Meeting Luca Collodi ha parlato con mons. Francesco Lambiasi, vescovo di Rimini:RealAudioMP3

R. – L'uomo non può bastare a se stesso e allora è Dio che viene in cerca dell’uomo ed è questo il grande evento: l’incarnazione, la morte, la risurrezione di Gesù. E’ Gesù che viene ad intercettare l’uomo, portando la domanda di Dio all’uomo delle origini: “Adamo dove sei?” E il Signore incontra l’uomo laddove l’uomo vive, lotta, soffre e spera. Questa è la missione che Gesù ha affidato poi alla sua Chiesa. Per questo l’uomo è la via della Chiesa.

D. – Il potere economico, politico e anche mediatico però - come ha ricordato il Papa - talvolta ostacola questo percorso di avvicinamento dell’uomo a Dio...

R. – Certo, perché il potere assume spesso un volto diabolico e il diavolo è il grande divisore: illude l’uomo. E’ vero che in fondo il contrario della fede non è tanto l’incredulità: è l’idolatria. Quando il potere seduce l’uomo e lo illude che può diventare Dio a se stesso allora siamo già sulla china del declino irrimediabile, irrimediabile alle nostre forze. Per questo l’uomo è un essere che ha bisogno di una salvezza, di una salvezza che gli può essere data solo per grazia.

D. – Il Papa sembra indicare fuori dalle chiese e dalle parrocchie questo compito missionario...

R. – Certo, certo, perché la Chiesa deve avere il coraggio di andare controcorrente. Il Signore, infatti, ci ha chiamato ad essere sale e non zucchero della città dell’uomo. Mi sembra davvero che il Meeting, ancora una volta, diventi una preziosa occasione di riflessione, di scambio, di incontro, di amicizia fra i popoli. E’ davvero un dono del quale dobbiamo essere grati e insieme responsabili.

D. – Lei pensa che la gente di oggi che è a Rimini per riposarsi o per fare una vacanza, come in altri punti del Paese, sia consapevole di quella che è la crisi antropologica di oggi o crisi economica oppure se ne accorge solo quando magari con i soldi non ce la fa ad arrivare a fine mese?

R. – Misurare il grado di consapevolezza della radice antropologica della crisi in corso è un’impresa piuttosto ardua. Mi sembra però che il livello di coscienza della crisi stia salendo. Vedo gente molto pensosa, gente che si porta dentro delle domande che devono essere portate a consapevolezza. E mi sembra che anche in questo senso il Meeting rappresenti una grande opportunità.

Il Meeting di Rimini, talvolta, viene ridotto ad una kermesse politica: ma cosa è oggi in realtà? Luca Collodi lo ha chiesto a Sandro Ricci, direttore del Meeting:RealAudioMP3

R. – Il Meeting di Rimini è sicuramente un avvenimento, nel senso che nonostante tutto il nostro lavoro di un anno intero per prepararlo in tutte le sue dimensioni, quando inizia, poi, è un avvenimento, cioè è una storia di uomini che si incrociano, che si incontrano, che fanno amicizia e che approfondiscono dei temi. Da questo punto di vista, quindi, è un’esperienza variegata, che va dall’affronto dell’attualità, come può essere anche la politica, ma soprattutto dalle testimonianze di chi vive sul campo ed è in grado di raccontarci come affronta i problemi della sua vita, alla grande arte, alla grande musica, al grande teatro. Effettivamente, se uno non viene non riesce a capire fino in fondo che cosa sia questo evento, che anche noi vediamo crescere fra le mani e non riusciamo a determinare fino in fondo. E’ lui che vive, che ha una sua capacità di essere una presenza nel mondo. Sarebbe, quindi, un po’ riduttivo limitarlo all’incontro con i politici piuttosto che agli spettacoli o alle esposizioni: è un momento di vita.

D. – E’ giusto dire che al Meeting di Rimini si può incontrare, ma si può soprattutto parlare anche con persone che non la pensano come noi?

R. – Assolutamente sì. E’ sempre stata una nostra caratteristica, che ci è cresciuta fra le mani: quella dell’apertura. La nostra identità, che è molto precisa – noi siamo tutte persone che facciamo un’esperienza cristiana ben determinata, abbiamo un cammino preciso nella nostra vita – ci ha aiutato a dialogare e ad aprirci con tutti. E da questo punto di vista il Meeting in questi anni è stato una grande riprova di questo, perché sono venute personalità da tutto il mondo, di tutte le religioni, di tutte le linee filosofiche, politiche, economiche, artisti dalle estrazioni più diverse. Non è comunque, alla fine, un guazzabuglio, ma è un incontro fra identità diverse. Questa forte identità riesce a coagulare, ad attirare, a far vivere in maniera precisa anche un rapporto e un dialogo con le esperienze, anche religiose, più diverse, ma soprattutto con quella che è la domanda di fondo che alberga nell’uomo dell’uomo: questo desiderio di infinito e di rapporto con il mistero. Da questo punto di vista, il Meeting è diventato veramente una grande occasione per porre a tema queste questioni così di fondo dell’uomo, proprio in un momento come questo, in cui la crisi, come dice il Papa, è una crisi dell’uomo e non solo economico-finanziaria.

D. – L’edizione di quest’anno guarda proprio al pianeta uomo...

R. – Il titolo provocante “Emergenza uomo” vuole proprio dire questo: che in questo momento il punto centrale della nostra attenzione non può non essere l’uomo, l’uomo che oggi è smarrito, che spesso è come rassegnato. Ma anche in questo clima, noi diciamo c’è un elemento di rottura, c’è un elemento di novità e questo lo vogliamo testimoniare attraverso le esperienze concrete di chi nel mondo fa emergere il proprio io come una riscoperta di identità, come una ripresa di coscienza di quello che l’uomo fino in fondo è. Per questo al Meeting, anche quest’anno, saranno presenti diverse testimonianze delle frontiere più lontane, come quella di Claire Ly dalla Cambogia. Un’esperienza drammatica, maturata proprio nei campi di concentramento cambogiani, in cui questa persona, buddista di partenza, aveva bisogno di un Dio con cui prendersela e l’unico Dio personale, che ha individuato, era quello dei cristiani. Piano, piano, quindi, lì è nata la sua conversione e quindi la sua dedizione alla pace e all’amicizia fra i popoli. Poi avremo una testimonianza di un cinese cattolico, che ci dirà che cosa vuol dire vivere la fede nella Cina di oggi ed altre testimonianze che portano alla ribalta la persona che agisce.







All the contents on this site are copyrighted ©.