Egitto nel caos: sgomberata con la forza la moschea Fatah. Governo: "I Fratelli musulmani
sono terroristi"
Egitto ancora nel caos. Ieri lo sgombero forzato dei manifestanti pro Morsi, al Cairo,
da parte della polizia dalla moschea di Fatah con una nuova sparatoria, all’indomani
della carneficina che che ha visto decine e decine di vittime. Intanto, i musulmani
integralisti colpiscono la comunità cristiana presente nel paese. Il servizio di Paola
Simonetti:
Qualsiasi
riconciliazione sembra impossibile. Secondo le autorità egiziane “non siamo di fronte
a un confronto politico, ma a un conflitto con estremisti e terroristi. Estremismo
e violenza - ha aggiunto - saranno affrontati con misure di sicurezza". Presidenza
e governo restano dunque fermi nel non tollerare la posizione dei Fratelli musulmani,
un’allenza di cui il premier el-Beblawi propone lo scioglimento per legge. Ma da ieri
intanto avevano lanciato la loro ennesima sfida: nonostante il bagno di sangue del
Cairo, si erano asserragliati nella moschea di Fatah per difendersi da attacchi e
arresti. Una posizione di difesa presto spezzata dall’intervento delle forze di sicurezza
che sparando hanno forzatamente sgomberato gli occupanti scortandoli fuori tra due
ali di contestatori anti-Morsi. Dopo questo episodio è stato deciso che le moschee
del Cairo verranno chiuse dopo l'ultima preghiera della giornata, mentre ad Alessandria
sono previste già nuove manifestazioni dei pro-Morsi. Nel paese, intanto, i musulmani
integralisti hanno preso di mira anche i cristiani: decine le chiese date alle fiamme,
senza risparmiare case, scuole, monasteri e negozi gestiti dai cristiani.
Sulla
complessa situazione dell'Egitto, e sulle forze in campo, Davide Maggiore ha
ascoltato Massimo Campanini, docente di islam contemporaneo all'Università
di Trento:
R. – Sono sconfitti
i militari perché dimostrano ancora una volta di non essere affidabili dal punto di
vista democratico; ne escono sconfitti i Fratelli musulmani perché evidentemente stanno
pagando un altissimo prezzo di sangue e oltretutto avranno anche difficoltà nel prossimo
futuro a riorganizzarsi. Ritengo che chi risulta maggiormente sconfitto sia quella
che era una volta l’opposizione laica che, certamente, governerà ma “sulla punta delle
baionette”, per così dire. Non credo che in questo modo si riuscirà ad arrivare ad
un autentico momento di riconciliazione.
D. – C’è a livello internazionale
o anche a livello interno dell’Egitto, qualcuno che può fungere da attore che favorisca
la pace?
R. – Credo che si debba aspettare una decantazione della situazione
e la tranquillità nelle piazze. Credo che la via maestra sia quella di arrivare al
più presto possibile a nuove elezioni senza che vi siano interferenze esterne che
possano spingere o risolvere la situazione da una parte o dall’altra.
D. –
Vediamo, tra l’altro, che il mondo arabo e, più in generale, il mondo islamico si
è diviso: alcuni Paesi, come il Qatar e la Turchia, sono a favore dei Fratelli musulmani,
altri – come il Kuwait e l’Arabia Saudita – hanno mostrato un supporto per le azioni
del governo. Perché avviene questa divisione?
R. – E’ un complesso gioco di
ricerca di egemonia all’interno del mondo arabo e all’interno del mondo islamico.
Il modello della Turchia e l’attivismo diplomatico del governo Erdogan dopo le primavere
arabe è stato indicativo di un certo modo con cui questo Paese emergente avrebbe intenzione
di prendere un po’ la guida del Medio Oriente; dall’altro punto di vista, è la stessa
posizione dell’Arabia Saudita, che non ha mai visto di buon occhio il governo dei
Fratelli musulmani in Egitto. Di conseguenza, è un gioco molto complesso, di interessi
internazionali, in cui l’Islam viene utilizzato in maniera strumentale – nel senso
che il problema non è tanto un problema religioso, di schieramenti e di prese di posizione
religiose, quanto un problema squisitamente politico.
D. – La situazione egiziana
può in qualche modo influenzare il quadro mediorientale più ampio?
R. – Naturalmente,
sì. Per molte ragioni: innanzitutto, perché l’Egitto è il pilastro del mondo arabo
dato il suo peso economico-politico-militare e sociale; Morsi e il governo dei Fratelli
musulmani avevano aperto, naturalmente, ai palestinesi, avevano preso distanza dall’atteggiamento
che Mubarak aveva tenuto nei confronti di Israele e nei confronti della politica americana
in Medio Oriente. Quindi, da questo punto di vista, un Egitto instabile, un Egitto
che non abbia la possibilità di far sentire il peso della sua capacità economica e
politica e militare, evidentemente è un elemento di instabilità e di promozione di
nuovi accordi, di nuovi equilibri mediorientali.