Egitto: decine di vittime nel "venerdì della collera"
Ancora una giornata di sangue in Egitto. Nel "venerdì della collera" indetto dai Fratelli
Musulmani, sostenitori del presidente deposto Morsi, per protestare contro l’intervento
delle forze dell’ordine e dell’esercito, mercoledì scorso, con oltre 600 morti, anche
ieri le dimostrazioni sono finite tragicamente, anche se timidi segnali di distensione
possono essere rilevati dall’ingresso della polizia stamani in una moschea adibita
a rifugio dai Fratelli Musulmani. Gli agenti stanno negoziando con i manifestanti
affinché sgomberino l’edificio. ieri la polizia, per disperdere i manifestanti e far
rispettare il coprifuoco imposto dal governo, ha sparato sulla folla: decine le vittime,
centinaia i feriti e oltre mille gli arresti. I maggiori disordini al Cairo. Dalla
capitale, Giuseppe Acconcia:
Ventotto cortei
pro-Morsi sono partiti dalle più grandi moschee della città. Ma anche a Suez, Alessandria,
Minia, Dakhleya e Beni Suef hanno avuto luogo mobilitazioni degli islamisti. Negli
scontri tra pro e anti Morsi sono morte 75 persone al Cairo e 21 ad Alessandria: decine
di vittime anche a Mansoura, Tanta e Damietta. Le violenze più cruente tra polizia
e islamisti hanno avuto luogo in piazza Ramsis al Cairo, dove alcuni edifici sono
andati in fiamme, e intorno all’ambasciata degli Stati Uniti nel quartiere di Garden
City. Mentre sul ponte 15 maggio nel quartiere di Zamalek si sono scontrati pro e
anti Morsi in assenza di polizia. Secondo i Fratelli musulmani, decine di manifestanti
sono state colpite da cecchini sistemati sui tetti delle case in piazza Ramsis. Infine,
secondo il ministero degli Interni, la polizia egiziana ha arrestato nella giornata
di ieri 1.004 presunti sostenitori dei Fratelli musulmani, di cui oltre la metà al
Cairo. Ma la crisi non finisce qui I Fratelli musulmani hanno chiamato a otto giorni
di mobilitazione generale e marce contro lo sgombero di Rabaa el-Adaweya dello scorso
mercoledì.
E per la situazione in Egitto cresce anche la preoccupazione a livello
delle diplomazie internazionali. Dura presa di posizione dell’Unione Europea, che
discute azioni comuni; negli Stati Uniti ci si interroga sulla possibilità di prendere
misure più forti neri confronti dell’Egitto. Il servizio di Davide Maggiore:
Un appello “alla
fine immediata delle violenze” in Egitto è arrivato dai leader dei più importanti
Paesi dell’Unione Europea. Germania, Francia, Regno Unito e Italia chiedono “una concertazione
urgente” tra i ministri degli Esteri, che dovrebbe anche portare, secondo i leader,
alla revisione degli accordi di cooperazione col paese mediorientale. E anche l’alto
rappresentante per la politica estera, Catherine Ashton, fa sentire la sua voce, attribuendo
la responsabilità per questa tragedia al governo provvisorio e alla più ampia leadership
politica del Paese”. Negli Stati Uniti, invece, pressione su Obama, che aveva condannato
le violenze annunciando la cancellazione delle esercitazioni militari congiunte con
l’Egitto. Il presidente “non sta facendo abbastanza”, accusa però il senatore repubblicano
John McCain, che ricorda la possibilità di un taglio degli aiuti. Intanto, l’Onu,
che aveva già chiesto la fine delle violenze rende noto che la prossima settimana
il responsabile per gli affari politici, Jeffrey Feltman, sarà al Cairo per una missione
di cui non sono stati ancora divulgati i dettagli. Un appello alla comunità internazionale
giunge poi da Amensty International, che chiede un’inchiesta sulle violenze. Ma da
alcuni Paesi, come Arabia Saudita e Kuwait, arriva una difesa dei militari egiziani.