Afghanistan: serie di attentati talebani, lunedì la festa dell'indipendenza
Giornata di violenza in Afghanistan: una ventina le vittime in diversi attacchi condotti
dai talebani in diverse province del Paese asiatico; il più grave a Herat con l’uccisione
di alcuni operai addetti alla costruzione di una strada. Lunedì, l’Afghanistan ricorderà
l’indipendenza dal controllo britannico ma stavolta la ricorrenza è segnata da un
clima di tensione e dal numero crescente di attentati. Come mai questo Paese non riesce
a trovare una via d’uscita? Benedetta Capelli loha chiesto ad Antonello
Biagini, ordinario di Storia dell’Europa orientale all’Università di Roma “La
Sapienza”:
R. – La mia
opinione è che non sia stata trovata una soluzione giusta, coerente anche con gli
usi, i costumi e le tradizioni del Paese stesso. Un piccolo accenno storico è necessario:
l’Afghanistan era un Paese strutturato su un sistema tribale e le poche volte che
ha funzionato è stato quando il consiglio dei capi tribù ha trovato soluzioni comuni.
Poi, è stato sempre un crocevia e un punto strategico interessante, per cui ci hanno
provato gli inglesi, prima - che poi non sono mai riusciti a controllarlo veramente
- quindi, tutto il periodo sovietico e di nuovo l’implosione dell’Unione Sovietica
e la caduta del regime comunista in Afghanistan. Si sono, dunque, prodotti questi
effetti con la ripresa anche dell’islamismo politico estremista e quindi l’esigenza
– per un verso necessaria, per altro verso forse si sarebbero potute trovare altre
strade – di questo intervento della comunità internazionale che ha certamente ripristinato
un sistema “democratico” ma tipicamente occidentale, con le elezioni, il parlamento
che è sostanzialmente abbastanza estraneo a queste realtà… Questo è un errore che
l’Occidente fa spesso, in molti Paesi, dove ritiene che il nostro modello – posto
che funzioni bene da noi – possa funzionare anche da altre parti …
D. – Mesi
fa si è parlato di negoziati tra governo di Kabul e talebani, sotto l’egida degli
Stati Uniti. Poi, tutto è saltato ed il presidente Karzai, ultimamente, ha rilanciato
l’ipotesi. Le trattative tra le parti continuano oppure no?
R. – C’è un paradosso,
in tutto questo, perché è come se un governo “legittimo” instaurasse una trattativa
con una guerriglia, quindi con un’opposizione armata, che vuole distruggerlo. Ora,
queste trattative – secondo me – andranno avanti, perché è un po’ una strada obbligata;
ma è il risultato delle trattative che non è detto che dia gli esiti sperati. Bisogna
tener conto di queste forze politiche che si rifanno all’Islam, ma in maniera strumentale
perché predicano l’estremismo religioso in realtà per avere un consenso di carattere
politico; a questo poi si unisce l’odio o il rancore verso tutte le varie forme di
colonialismo passate e di neocolonialismo attuale... è dunque un contesto nel quale
l’estremismo può facilmente fare breccia nella popolazione. La trattativa dovrà andare
avanti per forza. Un dato è certo: non c’è una stabilizzazione dovuta alla presenza
delle forze armate straniere internazionali; non c’è nemmeno una stabilizzazione che
viene dall’interno e quindi tutto questo fa prevedere un prolungamento della crisi
se, soprattutto, non viene risolto questo grande nodo, che ormai attanaglia tutta
la politica e che è lo scontro con queste forme di Al Qaeda, di estremismo politico
terrorista e, al tempo stesso, però, con un certo seguito nel mondo islamico.
D.
– Secondo le Nazioni Unite, il numero delle vittime civili nel Paese, quest’anno è
aumentato del 23 per cento…
R. – E’ una cifra spaventosa se pensiamo a tutto
quello che è stato investito proprio per evitare questo: questa cifra del 23 per cento
è sicuramente una cifra molto alta e non bisogna dimenticare che ci sono zone dello
stesso Afghanistan che sono ancora – a quanto ci risulta – totalmente controllate
dai talebani, quindi dove le forze di pace non sono riuscite nemmeno a intervenire…