Salesiani in festa per il 198.mo della nascita di don Bosco
È festa per la famiglia salesiana. La congregazione dei salesiani ha celebrato il
198.mo anniversario della nascita di don Giovanni Bosco, avvenuta il 16 agosto 1815.
Per l’occasione don Pascual Chavez Villanueva, rettore della Congregazione, ha celebrato
la Santa Messa in memoria del santo sul Piazzale della basilica di don Bosco, vicino
Asti. Daniel Ienciu ha intervistato il responsabile dell’ufficio comunicazione
sociale dei salesiani, don Filiberto Gonzales:
R. – Celebriamo
i 198 anni della nascita del nostro padre, Don Bosco. La nascita del nostro fondatore
è per noi la "festa del padre", la festa più bella; quella dove i figli si riuniscono
intorno a Lui e celebrano il padre. Per noi salesiani questa festa ha un senso molto
particolare: questa celebrazione diventa per noi memoria molto ricca, fondata sulla
storia di salvezza come congregazione. La festa diventa anche un dono “profetico”,
cioè diventa per noi un grande impegno di rispondere fedelmente a Dio, come ha risposto
Don Bosco, ed essere una congregazione che insieme alla Chiesa risponde a Dio.
D.
– Fra due anni sarà il bicentenario della nascita del Santo torinese: la congregazione
ha voluto dedicare un triennio di preparazione ed approfondimento. Ora viene inaugurato
il terzo anno; di cosa si tratta?
R. – E’ un anno che noi chiamiamo “della
spiritualità di Don Bosco”. Il primo anno è stato l’anno “della storia” per conoscere
ed imitare Don Bosco; per fare dei giovani la nostra missione come è stata la missione
di Don Bosco. Il secondo anno abbiamo visto quello che per noi nella Chiesa è molto
specifico: la nostra spiritualità pedagogica. Abbiamo visto il Vangelo e presentato
il Vangelo della gioia come una “pedagogia della bontà”, cioè far presente ai ragazzi
che loro sono amati così come sono. Quest’anno – il terzo anno di preparazione, l’anno
della “spiritualità” – vogliamo camminare proprio nella santità di Don Bosco, quella
che lui ci ha insegnato: fare tutto e vivere per la gloria di Dio e la salvezza delle
anime, in modo particolare la salvezza dei giovani. Nel 2014 – il 16 agosto – cominceranno
le celebrazioni. Questi tre anni sono anni di preparazione specifica in ogni senso:
storia, pedagogia e spiritualità.
D. – A 198 anni dalla nascita del fondatore
cosa affascina oggi un giovane che vuole seguire Cristo in questo particolare carisma?
R.
– Prima di tutto l’essere “amato”: noi salesiani sentiamo che i giovani hanno bisogno
di capire e sentire che sono amati ed anche noi ci sentiamo amati: amati incondizionatamente.
In questo modo noi vediamo che questo punto specifico – quello di essere amato - è
un punto veramente importante e che loro capiranno molto bene. Secondo punto, come
vocazione è quello di essere “chiamato”: se Dio mi ama e mi chiama è perché ha fiducia
in me. Dio si fida di me per trasmetterlo agli altri; non per essere più buono degli
altri ma per diventare ancora più buono insieme agli altri. Il terzo punto è quello
di essere “inviato”: cioè missionario insieme alla Chiesa e con la Chiesa; missionario
dei giovani che va nelle periferie dove loro si trovano – periferie della vita, del
non senso – per dire loro che Dio li ama. Penso che questo attiri moltissimo la vocazione
di un giovane, perché è un’offerta di autenticità, di amore verso Dio e amore di Dio
verso noi.
D. – Come sono impegnati oggi i figli di Don Bosco ad affrontare
i diversi tipi di disagi del mondo giovanile e cosa direbbe il Santo ai giovani d’oggi?
R.
– In questi disagi giovanili trovo la mancanza di senso, la mancanza anche di speranza.
In questo, cosa ci offre il Santo torinese: per prima cosa, la gioia della vita. La
vita non è una vita di sofferenza ma è una vita veramente bella perché Dio l’ha regalata
a coloro che ama. Per noi dire loro che la vita è il regalo più grande e più bello
che Dio ci ha fatto è dire loro che la vita ha un senso ed un futuro. Il Santo torinese,
Don Bosco, offre la sua vicinanza: essere dove sono loro. Per noi infatti il criterio
di vita è essere dove si trovano i ragazzi.