Papa Francesco: necessaria più approfondita riflessione sulla donna. Il commento di
Michelina Tenace
Il Papa è tornato, all’Angelus dell’Assunta, a chiedere una più approfondita riflessione
teologica sul “grande e importante” ruolo della donna nella Chiesa. Ne aveva già parlato
durante il colloquio con i giornalisti sull’aereo, al rientro da Rio de Janeiro, affermando
che oggi manca una profonda teologia della donna. Su queste parole, Sergio Centofanti
ha sentito il commento della prof.ssa Michelina Tenace, docente di teologia
dogmatica alla Pontificia Università Gregoriana e membro permanente del Centro Aletti:
R. - È un invito
a trattare, ad accogliere, a riflettere sulla questione della donna in termini di
fede. La fede fa vedere lontano; fa vedere Gesù e come Gesù. Forse, bisognerebbe partire
proprio da questo: qual è stato il volto di Gesù sul volto di una donna.
D.
- Il Papa dice: “Alla base di tutto c’è Maria”. “Maria è più importante degli Apostoli”,
la donna nella Chiesa “è più importante dei vescovi e dei preti”. Cosa significa questo?
R.
- Questa è una fortissima espressione, perché - diceva già Sant’Attanasio - Dio ha
voluto prendere corpo da una donna. Prendere corpo per Dio è quell’atto che per noi
è diventato salvifico. Ora, l’umanità è data da Maria, perciò Giovanni Paolo II nella
Mulieris Dignitatem, osa dire: l’umanità di fronte a Dio è al femminile. Come
a dire: ogni volta che diamo corpo allo Spirito di Dio, ogni volta che diamo corpo
per far incarnare sulla Terra, nella storia Gesù, compiamo un atto che in realtà è
al femminile. Quindi, che la Madonna sia più importate degli Apostoli, in fondo, che
cosa significa? Che non ci sarebbe Chiesa - la Chiesa istituzionale, quella del ministero
ordinato - se non ci fosse anche quel ministero che consiste nel far venire Dio sulla
Terra attraverso quell’atto di accoglienza, di consegna di sé, di generazione di un'umanità
nuova che può essere solo attraverso un’accoglienza dello Spirito.
D. - Giovanni
Paolo II diceva che “la dimensione mariana antecede quella petrina, pur essendole
strettamente unita e complementare” …
R. - Certo, perché il ministero petrino,
il ministero del servizio - se è un servizio - è un servizio di qualche cosa che è
più importante di ciò che è il servizio. Potremmo dire che il ministero ordinato è
al servizio del sacerdozio universale. Per questo motivo penso che la questione del
ruolo della vocazione della donna sia veramente da ripensare in termini di vocazione
e non di privilegio, di ruoli o di funzioni. La vocazione ci porta ad un servizio;
il servizio è ordinato al bene del corpo, che è la Chiesa.
D. - Papa Francesco
afferma che la Chiesa è femminile, è sposa, è madre e genera figli di Dio …
R.
- Sì, genera figli di Dio. E per questo motivo la parola stessa “maternità” è da rivedere,
perché la maternità è stata capita, sviluppata ed è stata compresa soltanto come quell’aspetto
di generare un nuovo essere umano. Ma, se andiamo a vedere bene nella Sacra Scrittura,
la fecondità che Dio dà all’umano, non è la stessa fecondità che dà agli altri esseri
che sono del regno animale. La fecondità di cui parla la Sacra Scrittura è realizzarsi
come immagine e somiglianza di Dio. Questa è la vera fecondità dei figli di Dio: far
sì che l’altro diventi sempre più immagine e somiglianza di Dio. Dunque, questa maternità
come capacità di generare figli di Dio, e la maternità fisica è ordinata a questo,
ma non può essere conclusa in sé stessa come generare semplicemente nuovi esseri umani.
Quindi, il futuro e la vocazione della teologia della donna - se vogliamo - dovrebbe
pian piano portarci a riscoprire che le più belle figure di uomini e le più belle
figure di donne che la storia ci consegna, sono figure che hanno avuto di fronte
a sé un altro: le belle figure di uomini hanno avuto belle figure di donne accanto.
E l’amicizia, l’amicizia spirituale, è il cammino di fede che porta le persone ad
essere feconde una dell’altra.
D. – In questo contesto, oggi si tende sempre
di più ad annullare la differenza maschio-femmina in nome di un’astratta uguaglianza
…
R. - San Giovanni Crisostomo dice una cosa fortissima: Dio crea l’umano
maschio e femmina perché fosse l’amore e non l’uguaglianza ad unire le persone. Allora,
questo è il punto forte: la creazione maschio e femmina non può essere semplicemente
rinchiusa in un racconto mitologico. La creazione maschio e femmina ci dice che cosa
è Dio: Dio è amore. E l’amore può essere solo il riconoscimento dell’altro, ma dell’altro
come totalmente diverso da me. Dunque, l’essere creati maschio e femmina fa sì che
l’uomo è veramente creato per l’amore. E questa capacità di riconoscere il diverso
durerà tutta la vita, perché a partire dal riconoscere il diverso, uomo-donna, noi
impariamo a riconosce l’altro come bambino, come vecchio, come di altro colore, altra
cultura … Quindi l’annullamento della diversità iniziale, che è quella uomo-donna,
rende problematico il riconoscimento di ogni diversità e dunque di una cultura dell’amore.