Egitto: oltre 600 morti, oggi nuove manifestazioni pro-Morsi
L’Egitto è sull’orlo della guerra civile. Almeno 640 i morti accertati. Ma il bilancio
purtroppo è ancora provvisorio dopo gli scontri seguiti allo sgombero dei sit-in dei
Fratelli musulmani operato dall’esercito. I Fratelli musulmani parlano invece di oltre
4 mila vittime. Dopo il bagno di sangue e le violenze che sono seguite allo sgombero
dei sit-in musulmani a favore del presidente deposto Morsi, l’Egitto potrebbe rivivere
oggi una giornata drammatica. Ignorando il coprifuoco del governo ad interim, i Fratelli
Musulmani hanno indetto infatti per oggi il “venerdì della collera”, con una serie
di nuove imponenti manifestazioni nelle principali città del Paese. La comunità internazionale
appare sempre più preoccupata dell’evoluzione della crisi egiziana. Dal Cairo, Giuseppe
Acconcia:
Oggi si terranno
decine di cortei islamisti in tutto il Paese contro la violenza dell’esercito. Secondo
il ministero della Sanità, migliaia sono i feriti. Mentre 22 sono le chiese andate
in fiamme nelle ultime ore, insieme alla sede del governatorato di Giza e ad alcune
stazioni di polizia. Secondo la Fratellanza, le vittime sarebbero molte di più, gli
islamisti denunciano poi un assalto notturno della polizia alla moschea Imam, dove
si contano centinaia di cadaveri. Dopo la richiesta di Francia e Gran Bretagna, si
è svolta una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in cui
si è fatto appello alla fine delle violenze. In un discorso pronunciato ieri, e criticato
dalle autorità egiziane, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha condannato
la violenza contro i civili e ha annunciato la cancellazione delle annuali esercitazioni
militari congiunte con l’Egitto. Le autorità statunitensi hanno chiesto la fine dello
stato di emergenza, dichiarato subito dopo lo sgombero dal ministero degli Interni.
Dal canto suo, Navi Pillay, Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, ha chiesto
l’apertura di un'inchiesta indipendente sul comportamento delle forze armate. Infine
la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore in Egitto. «È un reato grave che la
polizia spari su chi manifesta in modo pacifico a sostegno della democrazia», aveva
detto a proposito delle violenze il premier turco Recep Tayeep Erdogan.
Oltre
20 chiese cristiane sono state attaccate dagli islamisti, in varie diocesi tra cui
quella di Assiut. Davide Maggiore ha raccolto la testimonianza del vescovo
cattolico, Kiryllos William:
R. - Gli islamisti
sono scesi a manifestare; gridavano slogan contro il governo, contro la polizia e
contro i cristiani perché sono persuasi dal fatto che questi siano la causa della
caduta del regime di Morsi. Hanno bruciato varie chiese, tra queste una delle nostre,
quella del convento francescano nella città di Assiut. Hanno scavalcato il muro, sono
entrati all’interno dell’edificio, hanno bruciato tutte le macchine che si trovavano
nel cortile, anche auto di gente amica. Inoltre, hanno dato alle fiamme l’edicola
dove si vendono i souvenir, a tutta la chiesa dopo averla profanata buttando il tabernacolo
per terra. Hanno bruciato la chiesa, la sagrestia e tutti gli uffici dei padri che
si trovano al primo piano. Hanno completamente distrutto il monastero. Poi hanno bruciato
la chiesa ortodossa di san Giorgio, la chiesa dei protestanti degli avventisti e tanti
negozi di cristiani. Questo nella città di Assiut. Ho saputo che, fuori dalla città,
nella nostra provincia, la cattedrale ortodossa di Abnoub è stata completamente bruciata.
A Qusyiah hanno cercato di provocare qualche danno; hanno bruciato qualche casa, però
gli abitanti hanno resistito, li hanno mandati via. Sono andati anche dalle nostre
suore, ma poi gente saggia – anche di religione musulmana - ha detto: “ Cosa hanno
fatto di male? Sono 70 anni che fanno del bene qui!”. E li hanno cacciati via.
D.
- Con quale stato d’animo la popolazione sta vivendo queste ore?
R. - La tristezza
riempie i cuori, però hanno tanta fiducia nel Signore, nella sua protezione e nella
sua provvidenza e continuiamo a pregare. Diciamo che se noi cristiani dobbiamo pagare
il caro prezzo della volontà del popolo egiziano per la libertà, per la democrazia,
per uno Stato moderno, lo paghiamo. E lo facciamo per la nostra patria, per l’Egitto.
Le costruzioni possono essere riparate, ma la libertà è molto più importante degli
edifici.