Egitto: centinaia i morti, continuano le violenze. Il vescovo di Assiut: bruciate
chiese cristiane
Più di 600 morti per il governo, oltre 4mila per i Fratelli musulmani, è una carneficina
in Egitto, dopo gli scontri seguiti allo sgombero da parte delle forze di sicurezza
dei sit-it organizzati dai sostenitori del destituito presidente Morsi. Intanto i
manifestanti sono tornati in piazza. Per la cronaca, Cecilia Seppia: Macerie ovunque,
brandelli di vestiti e tende, il sangue e i residui dei gas lacrimogeni: è piazza
Rabaa, il simbolo della rivolta dei pro-Morsi, il giorno dopo lo sgombero forzato
dei manifestanti. E mentre il bilancio delle vittime cresce di ora in ora con nuovi
scontri nel Sinai, ad Alessandria e Giza dove è stata attaccata la sede del governatorato,
l’esecutivo annaspa nella crisi politica, dopo le dimissioni del vicepresidente El
Baradei, accettate dal capo di Stato Mansour. Nonostante lo scenario da guerra civile
i Fratelli Musulmani non si arrendono e decidono di scendere ancora in piazza in tutto
il Paese a cominciare dal Cairo, dove hanno già eretto nuove barricate. Con lo stato
di emergenza in vigore, le autorità hanno stabilito anche la chiusura del valico di
Rafah con la Striscia di Gaza. A catena si susseguono le reazioni internazionali con
gli Usa in testa. Il capo dell’Eliseo Hollande ha convocato l’ambasciatore egiziano
a Parigi per chiedere l’immediata fine della repressione. Lo stesso hanno fatto Germania,
Italia e Gran Bretagna. Il premier turco Erdogan ha chiesto che il Consiglio di sicurezza
dell’Onu si riunisca rapidamente. Fuori dal coro, gli Emirati arabi uniti e il regno
di Bahrein, che hanno dichiarato il loro sostegno all’operazione dell’esercito. Il
governo sembra però determinato a far fronte a quelli che definisce atti terroristici
e in serata ha autorizzato polizia e militari a sparare contro chiunque tenti di attaccare
le forze di sicurezza o siti strategici.
Da Martha’s Vineyard, il presidente
statunitense Barack Obama ha inviato agli egiziani un messaggio molto chiaro: l’America
non può determinare il futuro dell’Egitto, ha detto a commento dell’escalation di
violenza nel Paese. Obama ha condannato duramente il comportamento del governo e l’uso
della violenza, e ha annunciato la cancellazione delle esercitazioni congiunte con
l’Egitto: «La nostra cooperazione tradizionale – le sue parole – non può continuare
come sempre quando si uccidono civili». Sapevamo che in Egitto il cambiamento non
sarebbe stato né veloce né facile, ha detto, è un lavoro che devono fare gli egiziani.
Ha poi chiesto di revocare lo stato di emergenza, opponendosi alla legge marziale
che nega i diritti dei cittadini, e alle autorità militare ha chiesto di rispettare
i diritti dei manifestanti e delle minoranze religiose.
E sono state oltre
20 le chiese cristiane attaccate dagli islamisti, in varie diocesi dell’Egitto. Tra
queste, quella di Assiut, Davide Maggiore ha raccolto la testimonianza del
vescovo cattolico, Kiryllos William: R. - Gli islamisti
sono scesi a manifestare; gridavano slogan contro il governo, contro la polizia e
contro i cristiani perché sono persuasi dal fatto che questi siano la causa della
caduta del regime di Morsi. Hanno bruciato varie chiese, tra queste una delle nostre,
quella del convento francescano nella città di Assiut. Hanno scavalcato il muro, sono
entrati all’interno dell’edificio, hanno bruciato tutte le macchine che si trovavano
nel cortile, anche auto di gente amica. Inoltre, hanno dato alle fiamme l’edicola
dove si vendono i souvenir, a tutta la chiesa dopo averla profanata buttando il tabernacolo
per terra. Hanno bruciato la chiesa, la sagrestia e tutti gli uffici dei padri che
si trovano al primo piano. Hanno completamente distrutto il monastero. Poi hanno bruciato
la chiesa ortodossa di san Giorgio, la chiesa dei protestanti degli avventisti e tanti
negozi di cristiani. Questo nella città di Assiut. Ho saputo che, fuori dalla città,
nella nostra provincia, la cattedrale ortodossa di Abnoub è stata completamente bruciata.
A Qusyiah hanno cercato di provocare qualche danno; hanno bruciato qualche casa, però
gli abitanti hanno resistito, li hanno mandati via. Sono andati anche dalle nostre
suore, ma poi gente saggia – anche di religione musulmana - ha detto: “ Cosa hanno
fatto di male? Sono 70 anni che fanno del bene qui!”. E li hanno cacciati via. D.
- Con quale stato d’animo la popolazione sta vivendo queste ore? R. - La tristezza
riempie i cuori, però hanno tanta fiducia nel Signore, nella sua protezione e nella
sua provvidenza e continuiamo a pregare. Diciamo che se noi cristiani dobbiamo pagare
il caro prezzo della volontà del popolo egiziano per la libertà, per la democrazia,
per uno Stato moderno, lo paghiamo. E lo facciamo per la nostra patria, per l’Egitto.
Le costruzioni possono essere riparate, ma la libertà è molto più importante degli
edifici.