Al Rossini Opera Festival, trionfo del "Guglielmo Tell"
Dopo una hollywoodiana “Italiana in Algeri” che ha inaugurato il Rossini Opera Festival,
ieri sera ha trionfato il “Guillaume Tell”, ultima opera scritta a Parigi dal compositore
pesarese, il suo testamento spirituale. Regia lontana da ogni riferimento alla tradizione
di Graham Vick, di impressionante slancio e forza morale, mentre sul palcoscenico
si amplifica lo scontro senza tempo tra libertà e oppressione, tra pace e violenza.
Repliche fino al 23 agosto. Da Pesaro, Luca Pellegrini:
Un cavallo decapitato,
il suo sangue imbratta un’algida parete sulla quale, a caratteri enormi, si legge:
“ex omnia terra”. Da tutta la terra, infatti, si leva il grido dell’umanità: libertà
e pace. E spesso si combatte, quando i due valori sono minacciati e calpestati dalla
violenza, dal potere e dal furore degli oppressori. Così accade nel Guillaume Tell
di Rossini, cinque ore di musica, che Graham Vick ha realizzato per il Festival. Eliminati
tutti i riferimenti storici e iconografici alla Svizzera e ai suoi cantoni, agli Asburgo
e al loro giogo, un contenitore neutro e moderno accoglie le gesta di un popolo schiacciato
e avvilito, in quest’opera corale e immensa. Affronta il suo destino con poche armi,
mentre i signori bevono, mangiano, vanno a cavallo e lo usano per umiliare e divertirsi
- sono le danze del terzo atto, impressionanti, realizzate nell’ambito di un’immorale
festa aristocratica. Il contesto e le soluzioni sceniche adottate con straordinaria
intelligenza e voluta atemporalità, se non per alcuni disseminati cenni politici,
sono filtrati da una seconda allusione: forse di tutto questo si sta soltanto girando
un nuovo film, la cinepresa inquadra e insegue, curiosa e cinica. Certo con uno spettacolo
simile non è concessa l’imparzialità: tra bandiere rosse e fucili, un cumulo di terra
e una parete di plexiglas che affaccia su montagne innevate - unica concessione alla
natura, ben presente nell’opera -, la regia inquadra gli umori dei protagonisti e
i loro impeti romantici con gesti assai calibrati, luci taglienti, inaspettate soluzioni
sceniche. Michele Mariotti dirige con pertinenza, immedesimazione e grande slancio
la lunghissima partitura, restituisce in totale sintonia col palcoscenico emozioni
sopite e vitali, guidando orchestra e compagnia di canto con affetto, partecipazione
e coraggio. Cantano benissimo i beniamini rossiniani, tra cui spiccano Nicola Alaimo,
Juan Diego Flórez e la bella Marina Rebeka nel ruolo di Mathilde, cui sono affidate
pagine soavi. Un’ovazione per tutti, dopo che un’immensa scala rossa ha squarciato
la scena e sulle note immortali del celeberrimo coro finale si celebra la trasfigurazione
dell’umanità: dal cielo scende il regno della libertà, al cielo i personaggi e gli
eroi si avviano ieratici.