In Irlanda, il 30.mo campo estivo per disabili organizzato dall'Ordine di Malta
Trent’anni fa il Sovrano Militare Ordine di Malta (Smom) inaugurava il primo campo
estivo internazionale per disabili. Da allora, ogni anno, a turno, Paesi europei
e non, ospitano centinaia di ragazzi, dai 18 ai 35 anni, con disabilità fisiche o
mentali, provenienti da tutto il mondo. Quest’anno si ritrovano fino al 17 agosto
a Kildare, in Irlanda, dove sarà presente anche il Gran Maestro dell'Ordine, Fra’
Matthews Festing. 19 i partecipanti italiani, tra assistenti-volontari e assistiti.
Rresponsabile del gruppo è Matteo Rizzi, Francesca Sabatinelli lo ha
intervistato:
R. - L’obiettivo
è quello di dare la possibilità a questi ragazzi di sentirsi parte di una squadra
insieme con la quale svolgere tutte le attività del campo, pensate per dare modo loro
di esprimersi al massimo. La cosa molto bella – che si vede con l’esperienza, con
lo spirito del campo che con il passare dei giorni la squadra acquisisce – è che ognuno,
i volontari ai nostri ospiti e viceversa, dà quello che può. Dall’unione di questo
dono si crea veramente la gioia ed il successo di un campo.
D. – Si prevede
che siano oltre 500 le persone presenti in Irlanda, vengono dai Paesi più vicini ma
anche più lontani: Stati Uniti, Medio Oriente e molti Paesi europei. L’incontro di
tutti questi ragazzi com’è?
R. – Si tratta prima di tutto di uno scambio. Spesso
non tutti hanno la possibilità di comunicare nelle lingue degli altri, ma i gesti,
gli sguardi e i sorrisi sono un modo per sentirsi liberi dalle situazioni familiari
e personali, alcune anche molto difficili, che questi ragazzi vivono durante l’anno.
Quindi, è vivere con tranquillità un momento di vacanza tutti insieme.
D. –
Questo campo estivo diventa in qualche modo un’esperienza importante di servizio sociale.
Quali sono anche le sfide che questi ragazzi affrontano?
R. – Le sfide sono
molteplici, alcune anche impegnative dal punto di vista fisico, molti vengono da lontano,
le ore di aereo sono tante, quindi sono sottoposti anche ad uno stress iniziale non
indifferente. Però, questo è come un momento per “ricaricare le batterie”. A molti
ragazzi viene data l’opportunità di partecipare più volte a questi campi e molti di
loro usano proprio questa immagine: venire al campo per “ricaricarsi di energie” in
modo tale che durante l’anno possano continuare a vivere con il ricordo di questa
esperienza dalla quale, inoltre, nascono anche amicizie e contatti che restano tutto
l’anno, sia tra gli ospiti, sia tra i volontari che, spesso, si prendono cura dei
loro ospiti anche durante tutto il resto dell’anno.
D. – Questi ragazzi cosa
faranno? Ci può delineare una giornata tipo?
R. – Le attività sono molto ricche
e variegate, e il Paese ospitante cerca di personalizzarle. Il campo è caratterizzato
da attività ricreative, giochi che danno la possibilità ai ragazzi di conoscersi e
di integrarsi tra di loro. Ci sono anche momenti di spiritualità, all’insegna di quello
che è il carisma del nostro Ordine, e Messe dove a tutti viene data la possibilità
di partecipare. La sera ci sono momenti di relax con cene internazionali dove gli
ospiti portano, o cucinano prodotti tipici del loro Paese proprio per creare questa
“diversità” e fonderla all’interno di quello che è lo spirito unico che tutti sono
invitati a vivere durante la settimana. Vorrei aggiungere ciò che alla fine chiedo
sempre a tutti i partecipanti della squadra italiana: di non dimenticare mai di sorridere
quando ricevono un aiuto, o quando lo danno, perché la forza del sorriso è quella
di proteggere e di aiutare le persone che aiutiamo. Questo è un po’ il segreto della
riuscita di un buon campo e, direi, anche delle attività di volontariato in generale.