Elezioni presidenziali in Mali: favorito Keita, già presidente dell'Assemblea Nazionale
In Mali è giornata di ballottaggio per la scelta del prossimo presidente. Si contendono
la più alta carica dello Stato Ibrahim Boubacar Keita e Soumaila Cissé. Favorito il
primo, 68 anni, già presidente dell’Assemblea Nazionale, anche se Cissé, ex ministro
delle Finanze, si dice sicuro della vittoria, pur partendo da un minor consenso popolare
nel primo turno. Sullo sfondo di questo voto le reciproche accuse di brogli e il recente
conflitto scatenato al Nord dai tuareg e da gruppi fondamentalisti. Per un’analisi
del voto, Giancarlo La Vella ha sentito Angelo Inzoli, giornalista esperto
di Africa:
R. – Chiaramente
sono due candidati molto diversi: Cissé è un uomo del Nord, ma è anche un uomo che
è stato poco presente nella sua ultima vita politica. È stato più un uomo di “apparato”
anche se forse rappresentava una novità. Probabilmente non ha quel carisma che invece
sembrerebbe avere Boubacar Keita, il quale probabilmente è riuscito a coinvolgere
e a recuperare tutti quelli che sono stati impegnati a risolvere la crisi militare
che ha sconvolto il Paese nell’ultimo periodo.
D. – Tra le sfide che il vincitore
dovrà affrontare c’è quella di dialogare con quelle forze che hanno scatenato gli
ultimi rivolgimenti avvenuti nel Paese…
R. – Certamente. Il primo problema
è ritrovare un minimo di ordine, perché questi Paesi restano legati ad un’agricoltura
di sussistenza che viene “sfigurata” quando ci sono queste instabilità politiche.
Poi bisognerà recuperare un dialogo anche con i tuareg del Nord e la loro realtà.
Penso che entrambi i candidati hanno questa capacità.
D. – Tra le emergenze
c’è anche il far fronte ad una possibile islamizzazione che frange fondamentaliste
stanno tentando nei confronti del Mali?
R. – E’ il punto interrogativo di tutta
la regione. La mia impressione resta sempre quella che queste frange molto radicali
non godano di un reale appoggio da parte delle popolazione. Tutto starà nella capacità
di dare una risposta ad un’esigenza di maggiore autonomia; c’è soprattutto un problema
della risposta e di una maggiore gestione anche del Nord del Paese. Delle soluzioni
ci sono.
D. – Con quale spirito la comunità internazionale guarda a questo
ballottaggio?
R. – C’è molta preoccupazione. La comunità internazionale - soprattutto
la Francia - tifa per un buon risultato sperando che tutto vada bene, ma anche consapevole
che comunque una soluzione di queste crisi rimane sempre ed unicamente nel contesto
interno; considerando che buona parte del Paese è comunque fuori da un controllo statale.
C’è molta speranza che questa stabilità politica possa creare delle condizioni per
superare una situazione di turbamento, perché si teme che la zona subsahariana diventi
in qualche modo un nuovo Afghanistan.