Al via la 66.ma edizione del Festival del cinema di Locarno
Si è aperta a Locarno la 66.ma edizione del Festival del cinema. Fino al 17 agosto,
la nota località svizzera ospiterà importanti autori ma anche registi esordienti e
giovani attori. Al microfono di Daniel Ienciu il neo direttore artistico del
festival Carlo Chatrian:
R. - Il Festival
del film di Locarno ha una lunga tradizione dietro di sé. E' un festival che è nato
qualche anno dopo Venezia; è nato anche per presentare dei film che in quell’epoca
in Italia erano difficili da far vedere. Nel corso della sua storia ha sempre mantenuto
la vocazione a perlustrare il presente e il passato: il presente, attraverso la presentazione
di film in concorso di cinematografia o di autori che di volta in volta sono stati
scoperti, e il passato perché fin dagli anni Sessanta le retrospettive sono state
uno dei punti forti del festival. Queste due linee, questo dialogo tra passato e presente,
rappresenta ancora l’identità del Festival, perlomeno nelle mie intenzioni. Penso
che se il Festival di Locarno - come gli è riconosciuto - è un festival che guarda
in avanti, che cerca di scoprire i registi, di lanciarli, per fare questo è altrettanto
importante guardarsi alle spalle cioè vedere cosa abbiamo dietro di noi, e vedere
come quest’arte del cinema - che è un’arte di raccontare il mondo e che viene sempre
detta come morente - in realtà si rinnova sempre e si rinnova quindi su un doppio
binario. Racconta da dove veniamo per farci vedere magari dove andremo.
D.
- Quali sono le tematiche proposte?
R. - Il Festival si sviluppa su una decina
di sale che programmano dal mattino alla sera, dalle 9 fino a mezzanotte; quindi i
film presentati in due giorni sono più di 50, con le repliche ovviamente … E se vogliamo
uno dei temi che attraversa il Festival, proprio grazie all’autore al quale dedichiamo
la retrospettiva quest’anno che è George Cukor, un grandissimo autore di commedie,
è anche uno sguardo sulle relazioni tra gli uomini sulle relazioni, tra i sessi e
all’interno della famiglia.
D. - Per far vivere il Festival al di là della
sua abituale programmazione lei, a marzo scorso, aveva organizzato tre giorni di incontri,
di riflessioni e proiezioni. In quell’occasione aveva affermato che occorre ripensare
il cinema: sta succedendo questo?
R. - Di fatto è il cinema che ripensa sé
stesso. Come tutte le arti, il cinema è in evoluzione. Ripensa sé stesso perché i
mezzi di produzione cambiano. In questi ultimi anni sono cambiati in modo molto rapido
e anche drastico. Sono cambiati anche gli strumenti attraverso cui i film possono
essere visti. Sicuramente oggi la sala cinematografica è solamente uno dei passibili
veicoli; penso non solo al dvd, ma soprattutto a tutta l’esplosione delle possibilità
su internet. Evidentemente, quando si organizza un festival bisogna tener conto di
questo scenario cambiato. Penso che i festival abbiano ancora moto da dire, non solo
perché presentano in prima mondiale - come si dice - certi film, ma anche permettono
una cosa che invece sulla rete o anche nelle sale è difficile: l’incontro.