2013-08-06 16:01:31

Siria. Ribelli conquistano l'aeroporto di Minning. Grave emergenza umanitaria nel campo di Zaatari


Dopo otto mesi di assedio, i ribelli siriani hanno conquistato ieri sera l’aeroporto di Minning, una base strategica sulla strada per Aleppo e a pochi chilometri dal confine con la Turchia. Ma se l’opposizione ad Assad riguadagna terreno, preoccupa l’emergenza umanitaria dei profughi ospitati nei campi. Manuella Affejee ne ha parlato con Marco Rotunno, capo missione in Giordania della ong spagnola Fundación Promoción Social, che descrive le condizioni nel campo rifugiati di Zaatari:RealAudioMP3

R. – La zona più antica del campo è un agglomerato di tende che si sono chiuse tra di loro per fare una piccola comunità e dove è praticamente impossibile entrare. C’è una parte che è sovraffollata e dove ci sono problemi igienico-sanitari. Per avere un’intimità si costruiscono i bagni dentro le tende. Le fogne a cielo aperto, quindi, sono i loro bagni. La cosa buona è che essendoci un clima secco, non c’è il proliferare di epidemie, che potrebbero invece verificarsi data la situazione igienica. Stiamo sempre sull’allerta, anche se, però, ci sono stati casi di morbillo, casi di epatite A e di colera.

D. – Il 70% della popolazione sono donne e bambini...

R. – Quelli che arrivano in Giordania, arrivano dal Sud della Siria, che ha visto l’inizio della guerra. Quasi tutti sono dalla parte dei ribelli. Siccome gli uomini in moltissimi casi stanno combattendo in Siria, qui arrivano le famiglie, composte da donne e bambini e, ultimamente, anche molti anziani. Ci sono anche casi in cui la donna lascia i bambini al campo per tornare poi dal marito a portargli le cose di cui ha bisogno. Ci sono casi, non riportati ufficialmente, di reclutamento. Ci sono camion, essendoci non solo bambini, ma anche ragazzini di 13-14-15 anni, che vanno in giro a reclutarli per combattere.

D. – I camion di chi? Dei ribelli?

R. – Sì. E’ una situazione abbastanza tesa. L’impatto principale è questa tensione di fondo che esiste.

D. – Un fenomeno terribile è quello delle ragazze siriane, costrette a sposarsi...

R. – Sì, sta arrivando tanta gente, non solo giordani, ma anche soprattutto persone del Golfo, per comprarsi le spose siriane. Per sposarti, infatti, devi pagare la famiglia della ragazza. Se la famiglia, come in questo caso, è una famiglia di rifugiati, la ragazza costerà molto meno. C’è, dunque, questo fenomeno sia nel campo di Zaatari che fuori. Ci sono dei sistemi di compravendita di ragazze, che in alcuni casi hanno 11-12-13 anni. A volte, le ragazze, dopo una settimana di abusi tornano alle loro famiglie, perché lasciate abbandonate a se stesse.

D. – Qual è l’impatto della situazione dei rifugiati sul tessuto sociale del Paese?

R. – Ci sono 600 mila siriani in una popolazione di sei milioni di persone, una popolazione che ha già avuto rifugiati palestinesi dal 1948 e poi iracheni. L’impatto più grande è al nord, perché lì si passava il confine. Le città del nord sono davvero sovraffollate, ci sono sempre problemi sociali e per questo ci sono stati anche scontri. I beni di prima necessità vengono assaltati dai siriani e spesso i supermercati sono vuoti. Gli ospedali, le cliniche sanitarie hanno delle file allucinanti. Nel nord si avverte molto, ma sta cominciando anche nel Sud, perché, visto il sovraffollamento, hanno cominciato a scendere. A livello nazionale, c’è il problema dell’acqua che ovviamente è un bene raro. I giordani poi si vedono deprivati dei servizi che prima ricevevano. Ci sono state proteste, ci sono stati scontri anche contro il governo.

D. – Cosa pensi di questa situazione?

R. – Ho visto l’evolversi della situazione, che prima era normale e sembrava potesse risolversi, e poi invece è diventata una tragedia umanitaria. Gli sguardi spesso mi hanno colpito, soprattutto quelli della gente che era appena arrivata lì. E’ uno sguardo che dice tutto su quel viaggio, in cui hanno perso tutto e in cui hanno fatto anche tanta strada a piedi. D’altra parte, però, ci sono tanti bambini che hanno ancora invece l’energia. Si può, quindi, ancora fare qualcosa.







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