2013-08-06 15:23:09

Pressing diplomatico degli Stati Uniti per risolvere la crisi in Egitto


Caos in Egitto, dove si moltiplicano gli attacchi contro i cristiani. Le violenze sono iniziate dopo che l'attuale leader di al-Quaeda, al-Zawahiri, ha accusato i copti di aver ordito insieme agli Stati Uniti e all'esercito egiziano un “complotto” per destituire il presidente Mohamed Morsi. Negli ultimi giorni, assalti a chiese e abitazioni dei copti si sono susseguiti in tutto il Paese. Intanto, proprio il ministro della Difesa statunitense, Chuck Hagel, ha fatto appello per l'avvio di un processo politico inclusivo in Egitto nel corso di una telefonata con Abdel-Fatah al-Sisi, ministro della Difesa egiziano e uomo forte del dopo-Morsi. Lo riferisce l'agenzia "Mena" citando una nota del Pentagono. Salvatore Sabatino ha chiesto all’americanista Nicola Perrone come valutare questo pressing diplomatico di Washington:RealAudioMP3

R. – E’ difficile valutarlo all’indomani di quello che si è mancato di fare per anni: gli Stati Uniti hanno perso il controllo di una zona che avevano saputo tenere in pugno, e ora si sono scatenate forze diverse e contrapposte che non riescono più a gestire.

D. – Gli Stati Uniti, però, continuano a puntare sull’Egitto riconoscendo un grande ruolo di mediazione a questo Paese: secondo lei, è ancora un attore attendibile?

R. – L’Egitto può essere un attore, può essere un elemento di stabilizzazione nella zona, ma a condizione di avere un governo che sia, non voglio dire filo-occidentale, ma per lo meno un po’ aperto nei riguardi dei traffici, degli interessi, della politica dell’Occidente. E questo si è perduto completamente un po’ in tutta l’area del Nord Africa! Bisogna lavorare per ricostituirlo.

D. – E in che modo gli Stati Uniti possono proporre un nuovo modello di collaborazione?

R. – Credo che debbano rinunciare ad un atteggiamento da "maestri in tutte le situazioni", e applicarsi molto di più agli scambi, anche di carattere commerciale, dietro ai quali vendono anche i buoni rapporti diplomatici, e rinunciare ad avere loro una parola definitiva in tutte le situazioni, perché è molto tempo che non riescono più ad averla. E specialmente in quella zona, mi pare molto difficile che possano averla.

D. – Gli Stati Uniti concorrono, dal punto di vista finanziario, alla tenuta dell’esercito egiziano: questa decisione influisce sugli equilibri del Paese …

R. – Questo di aver sostenuto e finanziato gli eserciti lo hanno fatto anche da altre parti, ed è un meccanismo che qualche volta ha funzionato, ma che ha funzionato quando c’era il controllo politico attraverso una diplomazia molto diversa. E poi, gli eserciti non funzionano più come avrebbero dovuto funzionare in passato; oltretutto, gli eserciti possono anche fare degli ‘scherzi’, operare dei capovolgimenti completi di facciate, di alleanze, di prospettive. La situazione a me sembra molto complessa.







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