Allerta terrorismo: Washington decide reimpatrio cittadini Usa dallo Yemen
Dopo la chiusura di 28 ambasciate e consolati statunitensi in Paesi musulmani, stamani
Washington ha ordinato a tutti i suoi connazionali di lasciare immediatamente lo Yemen
per il timore di un attacco terroristico. Subito dopo anche la Gran Bretagna ha richiamato
il personale diplomatico, mentre Italia e Francia hanno chiuso le loro ambasciate
al pubblico. L'allarme è scaturito da alcune intercettazioni di membri di Al Qaeda.
Benedetta Capelli ha intervistato Nicola Pedde, direttore dell'Institute
for Global Studies:
R. - Da una
parte, c’è un’intercettazione che porta ad una generica indicazione di minaccia e
dall’altra, c’è una più precisa indicazione di minaccia sullo Yemen, in quanto si
ritiene che il nuovo commander dell’organizzazione sia interessato a fare delle
azioni dimostrative. In tutto questo, c’è da aggiungere che lo Yemen è un terreno
di combattimento nella lotta ad Al Qaeda anche da parte degli americani; quindi, questa
azione ovviamente contribuisce ad innescare quel clima di tensione che da tempo caratterizza
la sicurezza del Paese. In questi mesi, si è parlato poco dello Yemen, ma la struttura
della sicurezza e l’instabilità è cresciuta enormemente nel corso dell’ultimo anno
e mezzo.
D. - Gli Stati Uniti, nell’allerta lanciata hanno parlato del timore
di disordini sociali, perché Al Qaeda è molto attiva. Ma, in che modo, il terrorismo
potrebbe agire al di là degli attacchi e degli agguati?
R. - Al di là degli
attentati, come quelli alle strutture visibili, agli obiettivi concreti come le ambasciate,
quello che viene temuto in questo momento è che gli attacchi condotti con i droni
possano essere utilizzati e strumentalizzati da Al Qaeda nei confronti di una protesta
anti-americana e più in generale anti-occidentale. C’è da dire che c’è un grande dibattito
su questa strategia di condurre attacchi con i droni, in quanto se da un lato si sono
rivelati strumenti molto precisi nel poter individuare e soprattutto seguire silenziosamente
gli spostamenti delle unità sospette sul terreno, dall’altra poi le operazioni di
fuoco condotte con i droni hanno causato enormi danni collaterali e in modo particolare
la perdita di vite civili. E questo ovviamente è un fattore che ha determinato una
crescente ondata di protesta in Yemen così come negli altri Paesi dove comunque questo
tipo di operazioni vengono condotte regolarmente. Mi riferisco in modo particolare
al Pakistan.
D. - Lo Yemen è da sempre considerato una base di Al Qaeda. Ma
il governo di Sana’a non ha fatto mai passi avanti per quanto riguarda la lotta al
terrorismo?
R. - C’è da dire che il governo di Sana’a si trova in una situazione
molto particolare, nel senso che la transizione degli ultimi 15 mesi ha portato ad
una fase di pacificazione interna relativa, ma - di fatto - è ancora in corso uno
scontro violento sotto il profilo politico tra alcuni dei principali clan che storicamente
hanno dominato il Paese. Il governo è stato latitante su tutto ciò che riguarda la
lotta al terrorismo proprio perché impegnato in una diatriba interna che è poi espressione
- andando a restringere il campo di indagine - più che altro di una faida tribale.
D.
- Molto spesso, negli anni scorsi, abbiamo parlato di una regionalizzazione di Al
Qaeda. Però, da queste ultime allerte sembra invece che la politica della rete terroristica
sia in realtà globale. Quindi, oggi, Al Qaeda effettivamente che cos’è?
R.
- È molto difficile dire cosa sia Al Qaeda oggi. È rimasto sicuramente un "brand";
è rimasto sicuramente un nome legato ad un’organizzazione ancora esistente. Quanto
questa organizzazione abbia la capacità di controllare nella periferia le organizzazioni
che si richiamano al modello qaedista è estremamente difficile. Abbiamo una proliferazione
di organizzazioni che dal Maghreb, all’Asia centrale, fino all’Europa si proclamano
aderenti alla rete qaedista, ma poi esistono poche prove di un’effettiva capacità
di coordinamento e soprattutto di controllo da parte della centrale originale - da
parte di quella che dovrebbe essere riconducibile ad Al Zawahiri - su queste organizzazioni.
Quindi una forte identità qaedista, ma probabilmente un debole - se non spesso assente
- reale capacità di coordinamento sul territorio.