Il Catechismo della Chiesa Cattolica dedica pagine importanti alla "comunione dei
santi", intesa come comunione alle "cose sante" e comunione tra i fedeli. Proprio
su questo tema si sofferma padre Dariusz Kowalczyk, nella 38.ma puntata del
suo ciclo di riflessioni dedicate ai 20 anni dalla pubblicazione del Catechismo:
Nel Simbolo
professiamo “la comunione dei santi”. Il Catechismo ci spiega che il termine “comunione
dei santi” ha due significati: comunione alle cose sante (sancta), e comunione
tra i fedeli (sancti)(cfr. CCC, 948).
La comunione nella fede,
ricevuta dagli Apostoli, viene da noi custodita e trasmessa. Viviamo la comunione
dei sette Sacramenti, tra i quali anzitutto l’Eucaristia che ci raduna e unisce. Sperimentiamo
anche la comunione fraterna che si esprime tra l’altro nelle opere di carità. Fede,
sacramenti, carità sono le cose sante, perché vengono dal Dio, dal Santo.
Abbiamo
poi la comunione tra delle persone. Il Catechismo ricorda qui la dottrina dei tre
stati della Chiesa: i fedeli pellegrini sulla terra, quelli che stanno nel purgatorio
preparandosi al cielo e i salvati che godono la piena comunione con Dio nel cielo.
(CCC, 954). Tra questi tre stati esiste una comunione, perché tutti partecipano –
anche se in modi diversi – alla grazia di Dio.
Noi che viviamo sulla terra
rimaniamo – attraverso la preghiera e l’amore – in comunione con i defunti. La Chiesa
ci invita a pregare per i nostri defunti, perché – come leggiamo nel Catechismo –
“la nostra preghiera per loro può non solo aiutarli, ma anche rendere efficace la
loro intercessione in nostro favore” (CCC, 958). Questo non significa che a Dio manchi
la misericordia, e perciò lo dobbiamo implorare. Anzi, Dio è la fonte infinita di
misericordia, ma vuole salvare l’uomo in collaborazione con altri uomini.
Una
delle espressioni della comunione dei santi è il culto officiale dei santi e dei beati.
Crediamo che in Dio rimaniamo spiritualmente uniti a loro, e che loro intercedono
per noi. San Domenico, morendo, disse ai suoi confratelli: “Non piangete. Io vi sarò
più utile dopo la mia morte e vi aiuterò più efficacemente di quando ero in vita”
(CCC, 956).