Migliorata la situazione a Bangui, ma nel resto del Centroafrica regna l’insicurezza
Si sta mettendo in moto in questi giorni la missione di forze africane di sostegno
alla Repubblica Centrafricana, che dovrebbe contare, una volta a regime, circa 3.500
uomini. L’obiettivo è ricostruire la sicurezza nel Paese dove, secondo la Federazione
dei diritti dell’uomo (Fidh), i ribelli della coalizione Seleka, che il 24 marzo hanno
cacciato l’ex presidente François Bozizé, hanno commesso almeno 400 omicidi in quattro
mesi mentre si continuano a perpetrare crimini gravissimi contro i civili. L’Unione
Africana ha concesso alle nuove istituzioni, capeggiate dal presidente Michel Djotodja,
un periodo di transizione di 18 mesi in vista di nuove elezioni entro settembre 2014.
Della situazione, Fausta Speranza ha parlato con don Mathieu Bondobo,
originario della Repubblica Centrafricana:
R. – Diciamo
che la situazione della popolazione, dal punto di vista umanitario, è ancora complicata.
Non possiamo parlare soltanto di quello che sta accadendo nella capitale Bangui della
Repubblica Centrafricana dove le cose stanno migliorando: la popolazione sta uscendo
di casa, non è più chiusa, la paura sta diminuendo pian piano… Però, fuori dalla capitale
lo Stato non esiste quasi più: non c’è polizia, né sistema giudiziario, né servizio
sanitario sociale e quindi la situazione della popolazione fuori dalla capitale è
allarmante, anche se – ripeto – a livello della capitale si sta notando qualche miglioramento.
D.
– In questi giorni, si sta dando avvio a una missione africana per la sicurezza nel
Paese. Che cosa aspettarsi da queste forze africane?
R. – C’è molto da aspettarsi
da questa forza africana, che è praticamente una forza di interposizione, perché dal
colpo di Stato avvenuto il 24 marzo scorso è stata una successione di situazioni caotiche,
perché non esiste più l’esercito nazionale. La coalizione Seleka, che ha preso il
potere, è rimasta a farla da padrone, comanda e questo comporta dei rischi: la popolazione
non è più protetta perché non c’è più un organo istituzionale – come l’esercito nazionale
– per proteggere la popolazione. E quindi la popolazione è stata abbandonata e le
conseguenze le conosciamo: omicidi, crimini sono stati già commessi. Allora, questa
forza di interposizione, questa forza africana sarà di grande aiuto. Dovrà cercare
di rimettere le cose a posto, cercherà di impedire a questi ribelli di commettere
ulteriori crimini, cercherà di difendere la pace nel Paese e poi di aiutare, pian
piano, anche l’esercito nazionale a riscoprire il suo ruolo in questo caos. E poi
a fare in modo che la Repubblica Centrafricana possa diventare uno Stato degno di
questo nome. Quindi, ci aspettiamo molto da questa forza africana.
D. – In
questo momento, si è fissata la data di settembre 2014 come termine entro il quale
organizzare le prossime elezioni. Come far fruttare questo periodo per la popolazione,
in vista di questo appuntamento elettorale?
R. – La prima priorità è la sicurezza.
La sicurezza, e con la sicurezza anche la preparazione della popolazione, perché votare
è un diritto di ogni cittadino, di chi ha l’età per esprimersi. E quindi, oltre alla
sicurezza la popolazione deve anche prepararsi per scegliere le persone giuste che
possano aiutare lo sviluppo dell’economia di questo Paese che ha tanto sofferto. E
quindi, oltre alla sicurezza bisogna che la popolazione prenda consapevolezza di ciò
che è avvenuto e che sta accadendo ancora, perché la cosa non è finita. Occorre, quindi,
riflettere e non cadere nella trappola di una certa forma di fanatismo. Bisogna trovare
le persone che possano, con l’aiuto di tutti, guidare questo Paese.
D. – Che
dire del ruolo della comunità internazionale: in questo momento si sta occupando del
Paese?
R. – Diciamo che la comunità internazionale ci sta aiutando, ma c’è
ancora molto che potrebbe fare. L’ha detto recentemente lo stesso Ivan Šimonović,
segretario generale aggiunto ai Diritti dell’uomo presso l’Onu, che ha fatto una visita
nel mio Paese. Ha constatato con i suoi occhi il dramma, la sofferenza di questo popolo
e lui stesso ha chiesto alla comunità internazionale di non tacere davanti a questa
sofferenza, di non tacere davanti a questo dramma che sta avvenedo nel Centrafrica.
E quindi, la comunità internazionale deve intervenire il più presto possibile per
impedire che questo Paese possa precipitare proprio nel baratro totale.