In un libro la verità storica dell’epopea dei "cristeros" in Messico
Per decenni ignorata dalla storiografia, oggi emerge come un’epopea grandiosa e tragica:
parliamo della persecuzione di cristiani e della conseguente ribellione del popolo
avvenuta in Messico tra il 1925 e il 1929. Nel libro intitolato “Cristiada”, edito
da Lindau, emerge nella sua verità storica sulla base della migliore bibliografia
internazionale. Fausta Speranza ha intervistato l’autore del volume Mario
Arturo Iannaccone:
R. – C’è stata
l’espulsione in massa dei sacerdoti, c’è stata la chiusura delle chiese, c’è stata
la soppressione degli Ordini religiosi e il popolo si è ribellato. E’ stata una ribellione
di popolo non sobillata da nessuno durata quattro-cinque anni, anni di guerra sanguinosissima.
D.
– Qualche episodio da ricordare in particolare?
R. – Ce ne sono tanti, perché
ci sono tanti episodi di martirio: sono state canonizzate 27 persone, altri 13 sono
Beati… E si deve ricordare che durante il periodo della “Cristiada” per la prima volta
furono sperimentati i campi di concentramento in alcune città del centro del Messico:
morirono moltissime persone – non si sa quante – perché aiutavano quelli che erano
definiti i “guerrieri di Cristo Re”, cioè i cristeros.
D. – Tra le persone
che si ribellarono a questa ondata anticattolica, c’erano persone di diversi ceti:
è così?
R. – Sì: prevalentemente erano persone umili, contadini, ma c’erano
anche artigiani, impiegati – gli impiegati erano moltissimi, nelle grandi città –
e ci furono anche dei grandi fazenderos, gente che possedeva fattorie… Quindi,
sì, tutti i ceti, sicuramente.
D. – Nel 1925, entrò in vigore la Costituzione
anticattolica. Perché? Quali erano le accuse?
R. – Fondamentalmente, e paradossalmente,
era l’attivismo sociale della Chiesa messicana la scusa. La chiesa era molto attiva,
aveva creato sindacati, aveva creato patronati, banche, cooperative e stava riuscendo
in ciò in cui la rivoluzione messicana e lo Stato rivoluzionario messicano non riusciva,
cioè nella ridistribuzione delle terre, nell’aiuto delle classi meno abbienti, eccetera.
Per cui, una classe di persone assolutamente anticlericali, atee, considerava la Chiesa
e i cattolici e le associazioni cattoliche un nemico da abbattere, perché un competitore
su tutti i fronti dell’organizzazione della società, anche quello sociale. Ma era
una cosa che si stava preparando da decenni. Arrivò a un certo punto perché ci fu
in particolare un personaggio – Plutarco Elia Calles – che volle arrivare fino in
fondo, fino al punto di rottura.
D. – L’epopea dei cristeros in Messico
si gioca nel giro di qualche anno. Dopo, il Paese come ha fatto i conti con questo
episodio drammatico, forte, che va al di là di questi quattro-cinque anni?
R.
– In realtà, dopo gli arreglos, quindi dopo una sorta di pace, la persecuzione
anche sanguinosa nei riguardi dei cattolici andò avanti per un’altra decina d’anni.
Di fatto, i vescovi che avevano firmato questi arreglos, questi accordi, furono
traditi. Tanto è vero che ci fu un tentativo di riprendere la “Cristiada” nella seconda
metà degli anni Trenta. In seguito, dopo gli anni Quaranta, si trova un modus vivendi.
Il problema è che, da un punto di vista storiografico, gli studiosi messicani non
fecero mai i conti con quello che era successo e diedero tutta la colpa dell’insurrezione
della “Cristiada” ai ricchi fazenderos – che in realtà non c’entravano niente
e che parteggiavano per il governo – e alla Chiesa, che in realtà tentò invece di
evitare lo scontro armato. Quindi, c’è stata una sorta di falsificazione storiografica
che non è l’unica: si è vista anche in tante altre situazioni storiche, che è stata
superata fondamentalmente grazie al lavoro di uno storico francese, Jean Meyer, che
è andato lì – tra l'altro convertendosi – e ha studiato approfonditamente il problema
della “Cristiada”, portando a una nuova comprensione di questo fenomeno. A ribellarsi
fu il popolo.