Dichiarato donna senza intervento chirurgico. Controversa sentenza del Tribunale di
Rovereto
Nato maschio, oggi sui documenti ha ottenuto di essere identificato come femmina,
senza dover ricorrere ad intervento chirurgico o a sterilizzazione. E’ accaduto a
Rovereto dove il Tribunale ha accolto la richiesta di un uomo cinquantenne che dichiarava
con decisione di sentirsi donna, senza vivere per questo “conflittualità” psicofisiche.
Secondo il giudice, l’operazione per rimuovere gli organi genitali è necessaria solo
se nell’individuo la discrepanza tra psico-sessualità e sesso anatomico genera un
rifiuto nei confronti del proprio corpo. Quale le implicazioni di questa sentenza?
Paolo Ondarza lo ha chiesto a Gianfranco Amato, presidente dei “Giuristi
per la Vita”:
R. – Purtroppo,
bisogna dire che questo è l’ennesimo tentativo di introdurre nel nostro ordinamento
giuridico il concetto di identità di genere, inteso come la percezione che una persona
ha di sé come appartenente al genere femminile o maschile, anche se opposto al proprio
sesso biologico. Si tratta di un cambiamento, anche antropologico, inevitabilmente
destinato ad avere gravi e serie conseguenze. Quel che preoccupa e che inquieta, è
che questa cosa sia avvenuta non attraverso un processo decisionale del Parlamento,
con una legge, ma attraverso la giurisprudenza. E’ una questione antropologica troppo
importante per essere lasciata all’esperimento e al laboratorio di magistrati che
si arrogano il diritto di diventare giudici legislatori.
D. – Il benessere
psicofisico in questa sentenza è stato determinante per consentire a quest’uomo di
essere dichiarato donna …
R. – Il punto fondamentale è proprio questo: in virtù
del concetto della teoria del gender, non si è uomini o donne a seconda del
dato oggettivo che emerge dalla natura, ma in base alla percezione soggettiva: cioè,
si decide che cosa si è. Per cui, il desiderio diventa diritto, il capriccio diventa
diritto. Questo, dal punto di vista giuridico, è molto preoccupante!
D. – Queste
considerazioni cambiano, invece, per chi si sottopone ad un intervento chirurgico?
R.
– No, in realtà non cambiano. Il nostro ordinamento giuridico prevede, oggi, per espressa
normativa, che si possa accedere al cambiamento del sesso attraverso l’operazione
chirurgica. Ma anche la scelta di sottoporsi ad un intervento chirurgico è figlia
di questa impostazione soggettiva.
D. – Quindi potremmo dire che con questa
sentenza c’è un ulteriore arbitrio, un’ulteriore libertà nell’interpretazione della
legge?
R. – Certo: è un passo ulteriore verso la teoria del gender;
supera anche quella barriera minima che fino ad oggi è riconosciuta essere la fisicità,
quindi non c’è neanche più bisogno dell’intervento che modifichi la natura.
D.
– Questo caso ha tre precedenti, in Italia, tutti a Roma: il primo nel ’97, poi nel
2011 e nel 2012. Ecco, sentenze di questo tipo rafforzano – come lei dice – l’ideologia
del gender che, ricordiamo, secondo l’Osservatorio van Thuân per la Dottrina
sociale della Chiesa, sta snaturando la natura umana e rappresenta un’emergenza non
meno grave ed urgente di povertà e sfruttamento …
R. – Certo: si sta modificando
una concezione antropologica che appartiene a duemila anni di storia! La nostra società
è erede della grande civiltà greco-romana, rielaborata anche dall’esperienza storica
del cristianesimo, ha un rispetto per l’oggettività del reale, della natura.