2013-08-02 20:08:26

Berlusconi: "riforma della giustizia o al voto subito". Condanna esecutiva


Politica italiana in subbuglio all’indomani della sentenza della Cassazione che ha condannato in via definitiva Silvio Berlusconi nel processo per i diritti televisivi Mediaset. Il pm di Milano Pomarici ha firmato l’ordine di esecuzione con sospensione della pena. Stasera a Montecitorio riunione dei gruppi del Pdl di Camera e Senato, presente Berlusconi, accolto da una standing ovation. L’ex premier avrebbe definito la sentenza basata sul nulla, ideata per eliminarlo. Inoltre avrebbe invocato al più presto la riforma della giustizia, altrimenti “meglio tornare al voto” e ai “suoi” avrebbe chiesto di “pensare all’interesse del Paese”. Da parte sua, il vicepremier Alfano ha affermato che tutti i ministri del Pdl sono pronti a dimettersi dal governo. Deputati e senatori del Pdl hanno consegnato le loro dimissioni nelle mani dei capigruppo, Renato Brunetta e Renato Schifani. A quanto si è appreso, Brunetta e Schifani con le dimissioni andranno dal presidente Giorgio Napolitano per chiedere “che venga ripristinato lo stato di democrazia”. A domanda se ciò voglia dire una richiesta di grazia per Silvio Berlusconi, viene replicato di sì. In proposito, ambienti del Quirinale ricordano che è la legge a stabilire quali sono i soggetti titolati a presentare la domanda di grazia. La condanna ha messo in fibrillazione anche il Pd. Il premier Letta avverte: sarebbe un delitto se il governo non andasse avanti. Servizio di Giampiero Guadagni:RealAudioMP3

Avrà tempo fino a metà ottobre Silvio Berlusconi per chiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali o la detenzione domiciliare. Per effetto dell’indulto, Berlusconi deve scontare uno solo dei quattro anni di reclusione ai quali è stato condannato per frode fiscale. L’estratto esecutivo della sentenza della Cassazione è arrivato al presidente del Senato Grasso che l’ha subito trasmessa al presidente della giunta delle immunità parlamentari di Palazzo Madama che dovrebbe riunirsi la prossima settimana per dichiarare decaduto l’ex premier. Il voto verrà poi replicato in Aula, con scrutinio segreto. E ora ci si interroga su quali effetti potrà avere la condanna di Berlusconi sulla legislatura. Il Pdl fa quadrato attorno al proprio leader, ma per ora prevale la linea di non far cadere il Governo. Nel Pd aumenta l’insofferenza per l’alleanza con un leader definitivamente condannato. Le opposizioni tutte chiedono la fine del governo delle larghe intese. Ma se la Lega esprime solidarietà e a Berlusconi, Sel e 5 Stelle sollecitano il voto immediato sulla decadenza da senatore. Il premier Letta considera un delitto non andare avanti nell’azione di Governo, ma, avverte, continuare a tutti i costi non sarebbe nell’interesse del Paese.

Quali conseguenze avrà sul piano politico questa sentenza della Cassazione? Luca Collodi lo ha chiesto al prof. Francesco Bonini, ordinario di Scienze politiche all’Università Lumsa:RealAudioMP3

R. - Io credo che paradossalmente questa sentenza, e la situazione che ne consegue, rafforzi - quanto meno nel breve periodo - il presupposto di necessità da cui è nato il Governo Letta, con la partecipazione delle maggiori forze politiche e con l’intervento decisivo del capo dello Stato. Quindi, in questo momento, penso che il governo continui la sua navigazione, anche proprio nella situazione di smarrimento e di debolezza di tutte le forze politiche.

D. - Quindi una debolezza che paradossalmente per il governo diviene un punto di forza…

R. - Paradossalmente sì. Questa è quasi una legge di lungo periodo della legge italiana, per cui l’equilibrio deriva anche dalla debolezza degli interlocutori. Un tempo si diceva: lo stato di crisi permanente permette comunque di trovare stabilità. Certo è una situazione precaria, ma che comunque permette quanto meno, in questo momento, la sopravvivenza.

D. - Prof. Bonini, lei pensa che vada fatta una riflessione sul rapporto tra giustizia e politica? C’è un certo disordine nei rapporti tra poteri dello Stato?

R. - Certamente e ne ha fatto riferimento anche il capo dello Stato. E’ un problema che viene da lontano, viene ancora prima di Tangentopoli: il fatto che il nostro sistema costituzione - che si è retto per decenni su un equilibrio molto complesso - a un certo punto ha cominciato a dare dei segnali di scricchiolamento. Il problema non è tanto di cambiare regime - passare da un regime parlamentare a un regime presidenziale o semipresidenziale - quanto di far giocare effettivamente tutti i poteri dello Stato in coordinamento, in concordia. Invece stiamo assistendo, ormai da molti anni, ad una conflittualità - a volte latente, a volte esplicita - che finisce col far pagare a tutto il Paese dei costi molto alti, perché un sistema politico istituzionale che funziona male, rende il Paese certamente molto meno competitivo in Europa e anche ormai nel mondo globalizzato.

D. - Questo disordine istituzionale quanto può incidere in negativo sulla vita democratica dell’Italia?

R. - A lungo andare in maniera notevole, prima di tutto perché fiacca le istanze di partecipazione reale: la gente si sente allontanata dalla politica, dalla gestione della cosa pubblica e dalle istituzioni e questo quindi prova un senso di malessere e di distanza. Questo è un costo, alla lunga, molto grave. E poi c’è il costo dell’inefficienza: se le istituzioni non funzionano, se le leggi non si fanno, non si applicano nei termini giusti e nei termini efficaci, il Paese perde posizioni e la crisi economica morde in maniera molto più significativa in Italia che presso i partner concorrenti europei e anche extraeuropei. Quindi, costi molto alti!

D. - Da tutta questa situazione, i cittadini come possono tornare a gestire il proprio Paese in prima persona?

R. - Certamente associandosi, certamente facendo pesare il loro voto, il loro consenso e la loro voce e, quindi, certamente parlando. E poi sfruttando le possibilità di partecipazione che ci sono, ma sfruttando soprattutto quel tessuto di associazioni e di mondi vitali che ancora in Italia è forte ed è presente. Certo ci vogliono anche degli interventi per aprire la forma partito: non tanto nelle forme plebiscitarie di partecipazione una tantum, ma nelle possibilità di discussione. Si tratta poi di far ripartire anche i meccanismi di reclutamento dei giovani: sono i giovani tradizionalmente e strutturalmente quelli che hanno più voglia di partecipare. Se i giovani non trovano lavoro, se i giovani non trovano audience nelle istituzioni, se i giovani sono rinchiusi in loro stessi, tutto il sistema della partecipazione democratica ha dei gravissimi limiti e si respira quell’aria di progressiva decadenza che aleggia su tutto il nostro Paese.







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