Accuse di brogli elettorali in Zimbabwe dopo la rielezione di Mugabe
Sono attesi per lunedì i risultati delle elezioni in Zimbabwe. Secondo il suo portavoce
il presidente Robert Mugabe, in carica da 33 anni, avrebbe ottenuto tra il 70 e il
75% dei voti, mentre il suo rivale, il primo ministro Morgan Tsvangirai, denuncia
gravissimi brogli. Intanto l’Unione Africana parla di voto “libero e credibile”, mentre
i Paesi dell’Africa Australe giudicano prematura ogni valutazione. Sulla situazione
nel Paese, Michele Raviart ha intervistato Enrico Casale, africanista
della rivista “Popoli”:
R. – Certamente,
sono elezioni vere. E’ chiaro che il blocco di potere che c’è alle spalle del presidente
Robert Mugabe vuole mantenere salda la presa sul Paese e quindi ha influenzato in
molti modi la tornata elettorale. L’entità dei brogli, sarà difficile da stabilire:
certamente, dei grossi interventi ci sono stati, perché questo blocco di potere composto
da militari e imprenditori non può permettersi di lasciare il controllo dello Zimbabwe.
D.
– Quali sono gli interessi in gioco?
R. – Lo Zimbabwe è un Paese che ha molte
risorse dal punto di vista naturale: certamente non come il Sudafrica, però è molto
ricco. Non solo: ma è ricco come agricoltura. E’ un Paese che fino ad una decina di
anni fa, unico nel panorama dell’Africa, esportava addirittura derrate alimentari!
Quindi, è un Paese che può garantire rendite abbastanza elevate a chi lo controlla.
Negli ultimi anni si è molto impoverito, però è un Paese che, rispetto alla media
dei Paesi africani, ha grandi ricchezze e grandi risorse.
D. – Risorse ampiamente
sfruttate da Mugabe, che ha sottratto i latifondi ai bianchi per venderli al migliore
offerente …
R. – Mugabe, indubbiamente, è stato protagonista della lotta contro
un sistema di apartheid gestito da coloni britannici, gestito da coloni britannici
e quindi da quel punto di vista è da considerare un "liberatore" del Paese. Detto
questo, negli anni si è trasformato in un dittatore, come è capitato anche in altri
casi: penso, per esempio, all’Eritrea. Per mantenersi in sella, lui ha puntato molto
sulla divisione dei propri seguaci, appoggiando a volte uno a volte l’altro. Questi
suoi seguaci ora hanno preso molto potere e non si sa quale di questi possa essere
realmente il successore. Il rischio è che, caduto Mugabe, si crei il caos.
D.
– Quali sono i punti di forza del suo rivale, Tsvangirai?
R. – Tsvangirai rappresenta
la figura più credibile dell’opposizione, quella che può coagulare intorno a sé una
reale alternativa a Mugabe; gode del sostegno dei Paesi occidentali – penso agli Stati
Uniti e, in particolar modo, alla Gran Bretagna. Quale futuro ci sarà per lui, è difficile
prevederlo in questo momento.
D. – Perché l’Unione Africana continua a ribadire
che queste sono elezioni libere e regolari?
R. – Il discorso è molto delicato:
l’Unione Africana deve tenere insieme Paesi sinceramente democratici – penso alla
Tanzania – e altri Paesi che sono governati da regimi autoritari se non addirittura
dittatoriali. Spesso e volentieri, in questo conflitto interno, chi ha la meglio è
la maggioranza dei Paesi con regimi autoritari, che tendono a non volere ingerenze
da parte di osservatori dell’Unione Europea, dell’Onu e di altre organizzazioni internazionali
per giustificare il proprio potere interno.
D. – Quando è ipotizzabile, allora,
un’uscita di scena di Mugabe?
R. – Intanto, bisogna considerare che Mugabe
ha 89 anni. Certamente, verrà tenuto in piedi da queste forze convergenti che trovano
in lui ancora una garanzia, nonostante la sua età. Ed è molto probabile che rimarrà
in piedi fino alla morte.