Incidente del bus, iniziati gli interrogatori. De Vita: carenti i controlli sui guard
rail
Le condizioni del tratto autostradale, lo stato d’uso dell’autobus, l’esame autoptico
sul corpo dell’autista. Sono questi i tre filoni dell’inchiesta, avviata dalla Procura
di Avellino, per accertare le dinamiche dell’incidente, avvenuto domenica scorsa lungo
l’autostrada Napoli – Canosa e costato la vita a 39 persone. Intanto, sono cominciati
gli interrogatori per individuare eventuali responsabilità e appurare le dinamiche
dell’incidente. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
L’attenzione
degli inquirenti si concentra sull’autostrada, costruita oltre 40 anni fa, che richiede
costanti interventi di manutenzione. L’altro aspetto riguarda il guard rail, una barriera
in calcestruzzo e acciaio concepita per ammortizzare gli urti delle auto e, solo entro
certi limiti, in grado di assorbire l’impatto con mezzi pesanti. In base alle prime
ricostruzioni, la barriera avrebbe ceduto quando ormai la velocità del veicolo, caduto
quasi verticalmente, era molto bassa. L’ingegnere Enrico De Vita, esperto di
sicurezza stradale:
“In termini europei, un’autostrada deve avere una protezione
ai veicoli pesanti e soprattutto a quelli con molti passeggeri tale da non frantumarsi
in briciole. Addirittura io dico briciole, ma quella non si è sbriciolata, perché
erano tratti di cemento e acciaio appoggiati per terra con un legame al viadotto così
labile, che l’ultimo colpo ha fatto precipitare un pezzo di guardrail integro. Quindi
vuol dire che proprio era agganciato soltanto in teoria, al viadotto! Il problema
nostro – italiano – è che mancano i controlli sulle costruzioni, sui manufatti. Il
collaudo finale non è un dato che tutti noi conosciamo e di cui possiamo fidarci,
perché se quella autostrada è stata costruita 40 anni fa, vorrei sapere chi ha ricontrollato
successivamente. In quel viadotto, nel quale erano state addirittura rifatti due tronconi,
due dei ponti, chi ha agganciato e come ha agganciato quel guardrail? Una barriera
che era di cemento nella parte esterna e d’acciaio nella parte interna!”.
Sono
dunque da appurare eventuali carenze nella resistenza e, soprattutto, nell’installazione
e nella collocazione delle barriere lungo il tratto autostradale teatro della tragedia:
“Normalmente
si fa al contrario: si mettono barriere ‘New Jersey’ sul lato che divide le due carreggiate,
per evitare lo scavalcamento, mentre sull’esterno, specie in un viadotto, è obbligatorio
mettere una barriera che protegga i veicoli pesanti, specie se – come in questo caso
– è stato colpito con un piccolo angolo. Le barriere di prova nuove che si fanno adesso
resistono a urti di Tir di 44 tonnellate, con angoli di 15°! L’angolo di impatto visto
in televisione era decisamente un angolo inferiore ai 15° e un bus di quel tipo pesa
meno di 20 tonnellate! Quindi, avrebbe dovuto resistere, quel guardrail! Nelle immagini
si vede che, invece ,per tratti di 200 metri circa è crollato giù, si è disintegrato,
si è staccato ed è precipitato di sotto. Questo è inconcepibile, al giorno d’oggi!”.
L’autobus
aveva 18 anni e aveva percorso oltre 900 mila chilometri. In base ai primi accertamenti,
la rottura della trasmissione avrebbe messo fuori uso i freni, trasformando l’autobus,
in un tratto in discesa, in un mezzo senza controllo nonostante il disperato tentativo
dell’autista. Una dinamica che però presenterebbe delle incongruenze:
“Dal
punto di vista tecnico e come ingegnere, non riesco a comprendere come possa un differenziale
– si dice che si sia rotto un differenziale – rompersi e coinvolgere contemporaneamente
anche l’impianto freni, tutto l’impianto freni. C’è qualcosa che non funziona,e probabilmente nei prossimi giorni questo aspetto verrà chiarito. Anche l’impianto
freni non può cedere tutto di colpo: c’è sempre un circuito incrociato che mantiene,
specie nei freni anteriori, almeno il 40 per cento dell’efficienza frenante. E un
differenziale non si può rompere in discesa. Si può rompere un giunto, ma non tutto.
C’è qualcosa che non funziona in questa ricostruzione, anche perché l’appoggio che
l’autista ha tentato sul fianco destro, non può avergli aumentato la velocità! Il
tamponamento e la deformazione delle 14-15 vetture prima del salto nel vuoto hanno
provocato un ulteriore rallentamento! Alla fine, è corretto dire che quando il pullman
è precipitato, la sua velocità era prossima a 0. Lo dimostra anche la parabola che
ha compiuto nel vuoto. L’atterraggio, poi dal viadotto, sicuramente, è stato di nuovo
ad alta velocità, perché a quel punto da 0, con una caduta di 30 metri, l’impatto
a terra è avvenuto sicuramente tra gli 80 e gli 85 chilometri orari”.
Il
bus precipitato dal viadotto era stato revisionato a mazzo. La vicenda solleva dubbi
e perplessità su come vengano svolti i controlli durante le revisioni periodiche:
“Ci
sono in Italia – lo sappiamo – e ci sono a tutti i livelli; ci sono sia a livello
delle vetture private, sia a livello di mezzi pubblici. Ci sono delle complicità che
vanno appurate. Sappiamo che è carente, in Italia, sia il controllo dei mezzi, sia
il controllo dei controllori e quindi siamo doppiamente lontani dal poter garantire
che una vettura che abbia una certificazione – una vettura o un veicolo – sia poi
coerente con tutti i suoi requisiti. Da questo a dire che in quel caso c’erano state
delle manchevolezze, senza le prove non si può fare. Accerterei, ma quando ci sono
delle crocette sulle varie voci - controllo impianto freni e si mette una crocetta
- questo è ben lontano dal dire se l’impianto freni aveva dimostrato delle lacune,
delle perdite. E sappiamo che c’è un invecchiamento: in 18 anni ci possono essere
invecchiamenti ma sono sempre di natura progressiva. E comunque, chi ha fatto la manutenzione
di quel mezzo prima, conosce quali fossero le carenze di quel veicolo; carenze non
totali, ma parziali”.
E’ stato inoltre disposto l’esame autoptico per l’autista
del mezzo per capire se il conducente abbia avuto un malore improvviso o, se precedentemente,
abbia fatto uso di alcool o sostanze stupefacenti. Ancora l’ingegnere Enrico De Vita:
“Penso
che tutto dipenda dalla perdita dei pezzi della trasmissione. Se è accertato che questi
pezzi appartengono al veicolo e sono un semiasse, allora l’autista era cosciente.
Se invece sono pezzi che non hanno nulla a che fare con la trasmissione o con quel
veicolo, allora la traiettoria potrebbe anche essere conseguente ad un malore. Dico
questo perché se l’autista si è accorto che per 200 metri ha buttato giù la barriera
– e lo si è visto nelle immagini, camminava sul ciglio del burrone - a questo punto,
lo sterzo almeno doveva essere funzionante. Avrebbe dovuto tentare di correggere la
traiettoria buttandosi verso l’interno, anche perché la velocità dell’autobus diminuiva
costantemente. Quindi questo doveva consentirgli di deviare all’interno e di buttarsi
contro la parte robusta della barriera metallica. Non so perché questo non sia avvenuto”.
Il
Comune di Pozzuoli, dove erano residenti almeno 29 delle 39 vittime - si costituirà
parte civile. Lo ha reso noto il sindaco del comune campano, Vincenzo Figliolia, che
ha anche sottolineato come non si debba “spegnere la luce quando i riflettori sulla
strage di persone incolpevoli si saranno allontanati”. Restano critiche le condizioni
di una ragazza di 16 anni. Si avviano verso la guarigione due dei tre bambini, ricoverati
in condizioni meno gravi, nell’ospedale pediatrico Santobono di Napoli. Sono stati
dimessi, infine, due dei sei superstiti portati nell'ospedale ‘Moscati’ di Avellino.