Gmg, le voci dei giovani. Il card. Bagnasco: il Vangelo non si annuncia da soli
Le immagini indimenticabili di questa Giornata mondiale della gioventù rimarranno
nel cuore dei giovani per molto tempo. Ora però tornati a casa comincia il momento
di mettere in pratica le esortazioni di Papa Francesco, magari aiutati dai loro sacerdoti
e nelle loro comunità o movimenti. Ma su un bilancio di queste giornate mondiali ascoltiamo
il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana,
al microfono di Marina Tomarro:
R. - Certamente,
la testimonianza della Chiesa brasiliana è una testimonianza particolarmente carica
di entusiasmo, gioia e calore. Sono caratteristiche tipiche di un popolo, ma che sono
anche evangeliche. Direi che ai nostri ragazzi italiani non manca assolutamente la
gioia e l’entusiasmo. Certamente, questo “bagno” di giovani in questi giorni, trovarsi
in mezzo a questa moltitudine di giovani provenienti da tutto il mondo, ma innanzitutto
dal continente della America Latina, ha rigenerato tutti, anche noi vescovi sotto
questo profilo. Però, vorrei subito sottolineare che non è una gioia, un entusiasmo
un po’ superficiale, ma lo trovo ricco e serio, nel senso di ricco della sostanza
della fede, cioè della fede nel Signore Gesù e nell’amore alla Chiesa.
D. –
Papa Francesco ha donato a questi ragazzi tantissime parole: riusciranno a mettere
in pratica, una volta tornati a casa, tutte le esortazioni del Papa?
R. – Direi
che l’impegno con cui dobbiamo ritornare nella nostra Italia e nelle nostre Chiese
particolari è un impegno di ritornare sugli insegnamenti e sui gesti del Santo Padre
Francesco. Non credo che questi eventi possano essere dimenticati mai, assolutamente
mai. Sono eventi straordinari e quindi questa grande esperienza rifluisce nella pastorale
ordinaria. È quello che il Papa ha ricordato, in modo molto esplicito, nella Messa
a Copacabana: ha esortato i ragazzi che non devono essere soli, devono annunciare
il Vangelo insieme. E ha esortato in modo esplicito i sacerdoti - quindi i pastori
- a non stancarsi mai di accompagnare i giovani perché sentano la vicinanza dei loro
sacerdoti, dei loro vescovi e quindi non si sentano mai soli. Credo assolutamente
che le parole del Papa rimarranno nel nostro cuore e a noi il compito di ritornarci
sopra, di approfondirle. Il modo, il metodo che il Papa ci ha indicato ritornando
in Italia è quello di non essere soli nell’annunciare il Vangelo.
D. – L’annuncio
della prossima Gmg a Cracovia è stato accolto con grande entusiasmo dai giovani…
R.
– Sì, certamente. Papa Giovanni Paolo II è l’iniziatore di questa straordinaria esperienza
delle Giornate mondiali della gioventù. Ci ha creduto moltissimo e possiamo vedere
il risultato portato avanti dai suoi successori, Papa Benedetto XVI ed ora Papa Francesco.
Quindi, il fatto anche che la Canonizzazione sia stata annunciata imminente tutto
quanto ci fa esultare maggiormente per poter vivere la prossima Giornata proprio nella
sua città, Cracovia.
E tanti gli universitari romani che hanno voluto essere
presenti a Rio. Ascoltiamo il vescovo, mons. Lorenzo Leuzzi, delegato per la
Pastorale universitaria diocesana, che ha accompagnato un gruppo di giovani studenti:
R. – Credo che i giovani porteranno a casa una grande esperienza: quella di
aver incontrato Cristo. Certamente ora c’è un grande passaggio da questa esperienza
così significativa – non solo a livello personale, ma anche comunitario – e portare
questa esperienza nel vissuto concreto delle singole esperienze ecclesiali. È chiaro
che qui gioca molto il ruolo che i gruppi, e soprattutto la proposta pastorale, sarà
in grado di offrir loro occasioni di continuità e di approfondimento dei contenuti;
poi soprattutto la possibilità di individuare vie nuove di evangelizzazione.
D.
– Tra le tante esortazioni che il Papa ha donato ai giovani secondo lei qual è quella
che li ha colpiti di più?
R. – Credo che ciò che ha colpito i giovani è l’affermazione
che loro sono “discepoli del Signore”. Questa esperienza del discepolato che Papa
Francesco ha spiegato non si tratta in termini di aggregazione alla sua persona, quanto
piuttosto “discepoli di una presenza”: discepoli di colui che è nei giovani, vive
con i giovani ed accompagna ogni giovane.
Ma cosa vuol dire aver vissuto una
Gmg come volontario? Ascoltiamo alcuni ragazzi che hanno prestato il loro aiuto a
Casa Italia con il Servizio nazionale di Pastorale giovanile della Cei, raccolte da
Marina Tomarro:
R. - E’ stata
un’esperienza positiva, anche perché il lavoro che abbiamo fatto durante queste due
settimane di preparazione e poi durante la Gmg è stato valorizzato anche dalle parole
del Papa: “Tornate e siate generosi”. È un lavoro positivo e molto soddisfacente.
La cosa che più mi ha colpito è stata quella delle parole del Papa quando ha detto:
“Per cambiare la Chiesa non dobbiamo aspettare che il Papa ed i vescovi cambino”,
ma dobbiamo partire da noi. Il fatto di partire dalla Chiesa cambia se cambiamo noi
e voi, così ha detto il Papa. Quindi, l’impegno di cambiare la Chiesa partendo da
noi stessi e non aspettando che siano gli altri a cambiare.
D. - Quali sono
i momenti che ti porterai nel cuore, che ti riporterai in Italia?
R. - Sicuramente
la Veglia, la notte sulla spiaggia di Copacabana e il risveglio con la Messa, soprattutto
perché grazie ai maxischermi si vedeva benissimo tutta la spiaggia piena di gente.
È stato molto toccante ed emozionante.
D. - Alla fine della Messa, il grande
annuncio della prossima Gmg a Cracovia…
R. - È un altro evento che sicuramente
toccherà il cuore di molti giovani, perché si tornerà nel Paese natale del “fondatore”
delle Giornate mondiali della gioventù: Giovanni Paolo II. Penso proprio che se dovessi
riuscirci mi iscriverò ancora come volontario anche lì.
R. - Come ogni Gmg,
mi ha lasciato veramente tanto: vedere tanti giovani, tanta speranza e la Chiesa ne
ha tanto bisogno, perché bisogna cambiare un po’ i volti. Quando si va a Messa tante
volte si vedono persone di una certa età e meno giovani: è il pretesto che usa tanta
gente per dire che i giovani non vanno più a Messa. La Gmg invece è la testimonianza
che i giovani credono ancora e oltre ad avere fede, credono in queste manifestazioni
a cui prendono parte e non rimangono a casa.
D. - Quali momenti ti porterai
nel cuore? Quali sono stati i momenti più significativi di questa Gmg, secondo te?
R.
- Sicuramente, la Veglia. Per me, è stato un momento unico perché si vive il tramonto:
si inizia con il sole, poi comincia a tramontare fino a quando compaiono le stelle;
e tutto questo avviene giocando, cantando e pregando insieme. È un momento da “pelle
d’oca”. Poi, sicuramente la Messa conclusiva, che è un po’ la “ciliegina sulla torta”
di tutto il percorso fatto in questa settimana.
R. - Di sicuro, abbiamo anche
avuto l’occasione di viverla un po’ personalmente: nonostante il tempo impegnato a
dare un grande servizio ai pellegrini italiani, ci siamo accodati a loro in questa
esperienza finale e le parole di Francesco sono state il culmine dell’esperienza.
D.
- Cosa porterai a casa di questa esperienza da volontaria?
R. - Sicuramente,
la bellezza di aver lavorato insieme a ragazzi provenienti da quasi tutte le regioni
di Italia e anche il superare la difficoltà iniziale di riuscire a “comunicare” insieme:
mettere insieme le nostre esperienze particolari, quelle che compiamo nelle nostre
diocesi e nelle nostre parrocchie, che ovviamente sono tutte diverse. È stato un gruppo
molto eterogeneo, ma allo stesso tempo molto unito. Personalmente, è stata un’esperienza
importante sul piano spirituale, sul piano formativo oltre che esperienziale, perché
ascoltare Papa Francesco in questi giorni è stato davvero importante.
D. -
C’è stato anche il grande annuncio della nuova Gmg a Cracovia. Quanto è grande la
vostra emozione?
R. - Tantissimo. C’era già stato un presentimento su dove
potesse essere e adesso che è stato definito il quando – nel 2016 – bisogna assolutamente
organizzarsi e partecipare perché è un evento imperdibile.
D. - Una Gmg sulle
orme di Giovanni Paolo II…
R. - Certamente. È uno dei principali motivi per
cui ci aspettavamo anche questa tappa, in memoria anche di quel Papa che ci ha fatto
tanto appassionare a questo evento che ha creato apposta per noi. C’è un senso di
affettività non indifferente, anche verso il suo Paese di origine.