Gmg. Vera Araujo: parole del Papa alla classe dirigente, vera iniezione di fiducia
L'incontro con la società civile al Teatro municipale di Rio è stato denso di significato:
il discorso del Papa, con tanti accenni indirizzati in particolare alla classe dirigente
brasiliana, è stato ricco di spunti e indicazioni concrete che hanno tenuto al centro
sempre i principi etici fondati sulla dignità trascendente della persona e sull’interesse
per il bene comune. Quale la direzione che il Papa ha voluto indicare alla società?
Gabriella Ceraso lo ha chiesto alla sociologa brasiliana Vera Araujo,
corresponsabile del dialogo con la cultura del Movimento dei Focolari:
R. – Il Papa
indica un cammino, il cammino appunto del bene comune, quello di riuscire a costruire
una coesione sociale, un’unità sociale, come lui ha detto, che sia frutto della responsabilità
di tutti verso tutti. Non c’è possibilità per il Brasile di uscire da questa piaga,
che è la disuguaglianza sociale, se non c’è un’assunzione di responsabilità. E questo
non è il futuro: è il presente. Come fare questo? Ponendo la persona, l’uomo, al centro.
Per noi brasiliani, però, ogni persona vuol dire ogni comunità, ogni etnia, ogni dimensione
culturale al centro. Allora, questo significa principi etici: dignità, uguaglianza,
fraternità e solidarietà.
D. – Perché il Papa ha sentito il bisogno di sottolineare
proprio a questa platea di valorizzare la linfa evangelica che c’è nella cultura del
popolo brasiliano?
R. – Perché il Brasile in questo momento sta facendo quel
salto verso una cultura tecnologica, scientifica, di modernità industriale. Quando
vado in Brasile, vedo una specie di lotta fra quella che è la cultura tipica del popolo
brasiliano e la modernità, che porta appunto una razionalità scientifica, porta al
consumismo. Per questo, lui ha sentito la necessità di sottolineare l’importanza di
conservare e sviluppare in un mondo moderno quei valori.
D. – Invece, quando
parla di un’economia che deve avere un volto umano, e di una politica che deve essere
inclusiva, a cosa si riferisce?
R. – Appunto, a un’economia che non è un’economia
capitalista selvaggia, ma è un’economia che tiene conto di questa dimensione comunitaria
e partecipativa. In quanto alla politica partecipativa, è un incoraggiamento, perché
devo confermare che in Brasile questa esperienza di una politica partecipativa è già
in atto. I bilanci dei Comuni, le manifestazioni durante la Confederation Cup erano
espressione appunto di questa democrazia partecipativa. In questo senso, c’è stato
un salto di qualità in Brasile dopo la dittatura militare degli anni ’80. Non c’è
confronto con certi aspetti della vita politica europea: c’è molta più partecipazione
del popolo in Brasile. Il Papa oggi incoraggia questo. Mi sembra molto bello.
D. – L’ultimo appello del Papa è stato al dialogo: “O si scommette sulla cultura
dell’incontro o tutti perdiamo”. Perché ribadirlo?
R. – Ribadirlo perché lì
può essere accolto e recepito in maniera straordinaria, in quanto fa parte proprio
della nostra cultura questo dialogo costante, perenne. La varie regioni brasiliane
sono così diverse fra di loro, eppure c’è questo laboratorio interculturale, questo
apprezzamento gli uni degli altri, questo dialogo permanente, direi quasi. Il Papa
però ha portato questo dialogo su un'altra dimensione: il dialogo fra generazioni,
il dialogo fra Accademia e popolo, il dialogo fra cultura, fra arte, fra scienza ed
economia. L'ha portato al livello della modernità.
D. – Ritieni che possa avere
effettivamente un’eco e un seguito tutto questo?
R. – Certamente. Io credo
sia stata proprio un’iniezione di fiducia che il Papa ha dato e che possa veramente
avere un’ampia accoglienza e anche una comprensione.
D. – Spesso ci si aspetta,
quando un Papa incontra una classe dirigente, che dia anche qualche "bacchettata"...
R.
– L’unico momento in cui ha dato una piccola bacchettata – anche se non era piccola,
era abbastanza forte – quando ha citato il profeta Amos. Dice che già allora, quando
la classe dirigente non rispondeva al suo compito, non guardava al bene comune. Era
una bacchettata alla classe politica che aveva davanti.