Serve più giustizia, non liberalizzare le droghe: così il Papa all'Ospedale S. Francesco
Dopo la Messa ad Aparecida e il pranzo presso il Seminario di Bom Jesus, Papa Francesco
è tornato a Rio de Janeiro per recarsi all'Ospedale di San Francesco di Assisi: si
tratta di una delle visite da lui espressamente richieste e organizzate all'interno
del viaggio apostolico in Brasile. La struttura è attiva sia nel recupero dalle dipendenze
da droghe e alcol, sia nell’assistenza medico-chirurgica gratuita agli indigenti,
con una capacità di 500 letti. Il nosocomio è retto dall’Associazione omonima, fondata
da frei Francisco nel 1985. Durante l’incontro, due ex tossicodipendenti dell’ospedale
hanno offerto la loro toccante testimonianza: commovente l'abbraccio col Papa.
Nel
suo discorso, il Papa ha detto che Dio ha voluto che i suoi passi, dopo il Santuario
di Nostra Signora di Aparecida, “si incamminassero verso un particolare santuario
della sofferenza umana qual è l'Ospedale San Francesco di Assisi”. Quindi ha proseguito:
“E’ ben nota la conversione del vostro Santo Patrono: il giovane Francesco abbandona
ricchezze e comodità per farsi povero tra i poveri, capisce che non sono le cose,
l’avere, gli idoli del mondo ad essere la vera ricchezza e a dare la vera gioia, ma
è il seguire Cristo e il servire gli altri; ma forse è meno conosciuto il momento
in cui tutto questo è diventato concreto nella sua vita: è quando ha abbracciato un
lebbroso. Quel fratello sofferente, emarginato è stato «mediatore di luce [...] per
San Francesco d'Assisi» (Lett. enc. Lumen fidei, 57), perché in ogni fratello e sorella
in difficoltà noi abbracciamo la carne sofferente di Cristo. Oggi, in questo luogo
di lotta contro la dipendenza chimica, vorrei abbracciare ciascuno e ciascuna di voi,
voi che siete la carne di Cristo, e chiedere che Dio riempia di senso e di ferma speranza
il vostro cammino, e anche il mio”.
“Abbracciare. Abbracciare. Abbiamo tutti
bisogno – ha proseguito il Pontefice - di imparare ad abbracciare chi è nel bisogno,
come ha fatto san Francesco. Ci sono tante situazioni in Brasile, nel mondo, che chiedono
attenzione, cura, amore, come la lotta contro la dipendenza chimica. Spesso, invece,
nelle nostre società ciò che prevale è l’egoismo. Quanti “mercanti di morte” che seguono
la logica del potere e del denaro ad ogni costo! La piaga del narcotraffico, che favorisce
la violenza e semina dolore e morte, richiede un atto di coraggio di tutta la società.
Non è con la liberalizzazione dell'uso delle droghe, come si sta discutendo in varie
parti dell’America Latina, che si potrà ridurre la diffusione e l’influenza della
dipendenza chimica. E’ necessario affrontare i problemi che sono alla base del loro
uso, promuovendo una maggiore giustizia, educando i giovani ai valori che costruiscono
la vita comune, accompagnando chi è in difficoltà e donando speranza nel futuro. Abbiamo
tutti bisogno di guardare l’altro con gli occhi di amore di Cristo, imparare ad abbracciare
chi è nel bisogno, per esprimere vicinanza, affetto, amore”.
“Ma abbracciare
– ha aggiunto - non è sufficiente. Tendiamo la mano a chi è in difficoltà, a chi è
caduto nel buio della dipendenza, magari senza sapere come, e diciamogli: Puoi rialzarti,
puoi risalire, è faticoso, ma è possibile se tu lo vuoi. Cari amici, vorrei dire a
ciascuno di voi, ma soprattutto a tanti altri che non hanno avuto il coraggio di intraprendere
il vostro cammino: Sei protagonista della salita; questa è la condizione indispensabile!
Troverai la mano tesa di chi ti vuole aiutare, ma nessuno può fare la salita al tuo
posto. Ma non siete mai soli! La Chiesa e tante persone vi sono vicine. Guardate con
fiducia davanti a voi, la vostra è una traversata lunga e faticosa, ma guardate avanti,
c’è «un futuro certo, che si colloca in una prospettiva diversa rispetto alle proposte
illusorie degli idoli del mondo, ma che dona nuovo slancio e nuova forza al vivere
quotidiano» (Lett. enc. Lumen fidei, 57). A tutti voi vorrei ripetere: non lasciatevi
rubare la speranza! Non lasciatevi rubare la speranza! Ma vorrei dire anche ... ma
vorrei dire anche: non rubiamo la speranza, anzi diventiamo tutti portatori di speranza!”.
Papa Francesco ha poi affermato: “Nel Vangelo leggiamo la parabola del Buon
Samaritano, che parla di un uomo assalito dai briganti e lasciato quasi morto ai bordi
della strada. La gente passa, guarda e non si ferma, continua indifferente il cammino:
non è affare suo! Quante volte diciamo: non è affare mio, quante volte vediamo gli
altri ma facciamo finta di non averli visti. Solo un samaritano, uno sconosciuto -
ha proseguito - vede, si ferma, lo solleva, gli tende la mano e lo cura (cfr Lc 10,
29-35). Cari amici, credo che qui, in questo Ospedale, si faccia concreta la parabola
del Buon Samaritano. Qui non c’è l’indifferenza, ma l’attenzione, non c’è il disinteresse,
ma l’amore. L'Associazione San Francesco e la Rete di Trattamento della Dipendenza
Chimica insegnano a chinarsi su chi è in difficoltà perché in lui vede il volto di
Cristo, perché in lui è la carne di Cristo che soffre. Grazie a tutto il personale
del servizio medico e ausiliare qui impegnato; il vostro servizio è prezioso, fatelo
sempre con amore; è un servizio fatto a Cristo presente nei fratelli: «Tutto quello
che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me»
(Mt 25, 40), ci dice Gesù”.
Questa la conclusione del discorso del Papa: “Vorrei
ripetere a tutti voi che lottate contro la dipendenza chimica, a voi familiari che
avete un compito non sempre facile: la Chiesa non è lontana dalle vostre fatiche,
ma vi accompagna con affetto. Il Signore vi è vicino e vi tiene per mano. Guardate
a Lui nei momenti più duri e vi darà consolazione e speranza. E confidate anche nell’amore
materno di Maria sua Madre. Questa mattina, al Santuario di Aparecida, ho affidato
ciascuno di voi al suo cuore. Dove c’è una croce da portare, lì accanto a noi c’è
sempre Lei, la Madre. Vi lascio nelle sue mani, mentre con affetto benedico tutti”.