Papa Francesco benedice le bandiere olimpiche. Pancalli: un grande gesto
La quarta giornata di Papa Francesco in Brasile è iniziata con la visita al Palazzo
di Città di Rio de Janeiro, dove ha ricevuto le chiavi della metropoli da parte del
sindaco, il signor Eduardo Paes. Qui ha benedetto anche le bandiere olimpiche, esposte
nel giardino. Proprio a Rio, infatti, si svolgeranno nel 2016 i 31.mi Giochi olimpici,
i primi in un Paese latinoamericano. Ma qual è l’importanza di un evento del genere
per un Paese come il Brasile? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Luca Pancalli,
presidente del Comitato italiano Paralimpico:
R. – Credo sia
strategica la collocazione. Io mi auguro che attraverso il grande evento olimpico
e paralimpico si possa aiutare a migliorare le condizioni del Paese, anche sotto il
profilo della riabilitazione di aree urbane degradate, ma soprattutto per una sempre
maggiore attenzione sulle problematiche legate al mondo della disabilità. In fondo,
l’evento sportivo non deve essere fine a se stesso, ma deve essere collocato in questa
visione, a mio modo di vedere, strategica.
D. – Il fatto che Papa Francesco
impartisca la benedizione sulle bandiere olimpica e paralimpica ha un grande valore
simbolico…
R. – Ha un grandissimo valore, per me che sono cattolico ancora
di più. Ne siamo orgogliosi. Io credo che la benedizione della bandiera olimpica e
paralimpica racchiuda in sé anche un grosso stimolo, anzi uno stimolo sempre più grande
per i nostri movimenti a preservare i valori che dovrebbero essere e sono i valori
sui quali si fonda tutto il movimento sportivo.
D. – Questo a maggior ragione
in un Paese, come il Brasile, che è ricco di problemi sociali. In questi Paesi lo
sport ha un valore assoluto…
R. – Ha un valore assoluto. Io ne parlavo relativamente
alle manifestazioni che c’erano state ai margini della Confederations Cup. Credo che
lo sport debba rappresentare e debba continuare a rappresentare un valore, ma deve
essere uno strumento di politica sociale e strategica, il grande evento per aiutare
a superare le grandi contraddizioni che sta vivendo quel Paese, dove c’è gran parte
della popolazione che magari non può vivere condizioni sociali che siano dignitose
anche nel rispetto del diritto alla salute, all’educazione e quant’altro.
D.
– Nella prossima edizione olimpica di Rio, cosa ci possiamo aspettare in più rispetto
a quella di Londra dello scorso anno, che già è stata straordinaria da questo punto
di vista?
R. – Da questo punto di vista, credo che Londra si stata veramente
straordinaria. Per esperienza abbiamo imparato che ogni evento paralimpico che segue
quello precedente è sempre più straordinario, però Londra veramente ha fatto qualcosa
di quasi insuperabile. Io mi aspetto però dall’evento di Rio de Janeiro che sia un
evento a dimensione umana, cioè un evento che sappia onorare il terreno del confronto
agonistico ma, nello stesso tempo, sappia richiamare a quei valori che io spero e
auspico sempre che il mondo sportivo porti con sé.
D. – Lei è presidente del
Comitato Italiano Paralimpico. I Giochi paralimpici stanno diventando, questo è sotto
gli occhi di tutti, sempre più importanti. Si può immaginare in futuro una fusione
completa dei due eventi, olimpiadi e paralimpiadi? Sarebbe auspicabile questo?
R.
– Certamente, una fusione degli eventi è nel sogno di tutti noi, però prima ancora
che immaginare il risultato bisogna immaginare il percorso affinché poi non si perda
e non cali l’attenzione sui nostri straordinari atleti paralimipici. Io dico sempre
che prima di raggiungere gli obiettivi bisogna interrogarsi su se i media saranno
preparati a tutto questo e il giorno in cui un atleta olimpico vincesse una grande
medaglia e nello stesso giorno ci fosse uno straordinario risultato di un atleta paralimpico,
i giornali, o i media televisivi, a chi dedicherebbero più attenzione. Io credo che
i tempi non siano maturi per tutto questo. Bisogna, però, costruire un grande percorso,
soprattutto culturale, che possa portarci ad immaginare tutto questo, perché nel raggiungimento
di questo ci sarebbe il rispetto della dignità del nostro movimento.