Appello della Santa Sede per la Siria: solo la pace ci rende tutti vincitori
In Siria continuano le tensioni, mentre una delegazione dell’Onu è entrata ieri a
Damasco per indagare sull’uso di armi chimiche in questa sanguinosa guerra civile.
Preoccupante la situazione ai confini con la Turchia, che ha indotto il premier di
Ankara, Erdogan, a convocare un vertice di emergenza con ministri e intelligence per
valutare i rischi a causa degli scontri avvenuti ieri tra militari e insorti. E la
Siria è stata anche l’argomento al centro dell’intervento - nel dibattito aperto sul
Medio Oriente - di mons. Francis Chullikatt, osservatore permanente della Santa
Sede presso il Consiglio di Sicurezza dell’Onu a New York. Il servizio di Roberta
Barbi:
Un accorato
appello alla comunità internazionale per fermare le violenze in Siria: la Santa Sede
torna sul tema attraverso mons. Chullikatt, che nel suo intervento a New York esordisce
citando il messaggio della prima Pasqua di Papa Francesco per la pace in Medio Oriente,
e l’auspicio che i negoziati di pace tra israeliani e palestinesi possano riprendere.
Ma ora l’emergenza è la Siria, un popolo lacerato da una guerra senza fine: “Quanta
sofferenza dovrà esserci ancora, prima che una soluzione politica venga trovata?”,
si chiede il presule, che intende riportate l’attenzione del mondo sulle cifre impressionanti
del conflitto: cinquemila morti al mese, quasi due milioni di rifugiati – il 10% della
popolazione – nei Paesi confinanti e quattro milioni di sfollati interni; quasi sette
milioni di persone, la maggior parte bambini, che hanno bisogno di tutto. Un’attenzione
particolare, poi, per la comunità cristiana locale, che vive nell’insicurezza a causa
dell’aumento di rapimenti e omicidi che non risparmiano neppure sacerdoti e vescovi,
ma ci sono anche 60 chiese distrutte e il patrimonio artistico e culturale è messo
fortemente a rischio. “Non ci può essere progresso sociale senza giustizia – ammonisce
mons. Chullikatt – e senza il riconoscimento del ruolo delle minoranze etniche e religiose
all’interno della società”. La richiesta è quindi di un’apertura al dialogo da entrambe
le parti, perché “non ci può essere alcuna soluzione militare al conflitto siriano”.
La guerra, in generale, non è un mezzo per risolvere i conflitti, che invece si possono
appianare solo con la diplomazia, perché “la pace in Siria ci rende tutti vincitori,
mentre il conflitto duraturo garantisce solo perdenti”.