Immigrazione: in provincia di Agrigento nasce la tenda di Padre Abramo
Sono complessivamente 199 i migranti che erano a bordo dell'imbarcazione di legno
arrivata stamani a Siracusa, accolti subito in una struttura della Guardia di finanza.
Dopo le operazioni di assistenza e identificazione, che hanno portato allo stato di
fermo tre egiziani e due siriani, i probabili scafisti, gli immigrati verranno destinati
ai centri di accoglienza. E proprio sul versante dell'accoglienza a chi fugge dalle
proprie terre si segnala il nuovo centro nato ad Agrigento: si achiama "Tenda di Padre
Abramo" ed è situato nel Convento dei Frati minori di Favara. Federica Baioni
ha intervistato padre Giuseppe Maggiore, missionario ed ideatore di questo
progetto di integrazione sociale, a poche miglia da Lampedusa:
R. – Due anni
fa, tornavo dal Marocco, dove sono stato tre anni, e il mio ministro provinciale mi
chiese di ideare un progetto. L’abbiamo chiamato “Fraternità la Tenda del Padre Abramo”.
Accogliamo in maniera molto semplice, francescana e gratuita, questi fratelli che
non hanno dove posare il capo, che non rientravano nei progetti della Protezione Civile,
quindi dello Stato, e con la chiusura delle case di accoglienza, il 28 febbraio di
quest’anno, sono aumentati e vengono qui a chiedere l’accoglienza, un’accoglienza
che viene sempre data.
D. – Potremo parlare proprio di un progetto di integrazione
sociale, è così?
R. – Sì, perché il ragazzo che arriva qui, il fratello che
arriva qui, fa l’esperienza di famiglia: riceve l’affetto che gli manca e inizia a
rispettare le piccole regole della famiglia e poi a rispettare quelle che la società
ci dà. Ci stiamo inventando una serie di cose, come dei laboratori artigianali. Vediamo
portare avanti la raccolta dei pomodori e iniziare lavori agricoli, anche l’allevamento
di animali come conigli, galline e capre. Il ragazzo che sta qui non è in preda all’ozio
ma deve fare qualcosa all’interno della fraternità. Io non la chiamo mai né “comunità”,
né “casa di accoglienza”, perché è una fraternità dove si vive insieme, si prega insieme.
Lei sa benissimo che già fra noi della stessa regione, della stessa città, abbiamo
difficoltà a comprenderci: immagini degli africani con afghani, pakistani, compreso
me che sono siciliano.
D. – Parliamo proprio di questo: 21 persone di nazionalità,
lingua cultura, religioni diverse, un vero incontro tra i popoli, è così?
R
. – Io la definirei una nuova Pentecoste. Quando ho visto Papa Francesco, mi sono
sentito veramente sentito confermato in quello che noi Frati minori di Sicilia, insieme
alla Onlus “Frate Gabriele Maria Allegra”, portiamo avanti. Perché, sì, magari c’è
il mio lavoro, ma dietro c’è una fraternità che mi sostiene, che mi incoraggia. Se
stiamo riuscendo quel poco che il Signore ci sta ispirando di fare è grazie alla Fraternità
e poi anche alla collaborazione con la Caritas.
D. – Non ci sono sovvenzioni,
non c’è niente se non la generosità dei volontari di ognuno di voi che si impegna
a creare questo progetto?
R. – Sì, non ci sono sovvenzioni né statali, né di
alcun tipo, se non la generosità della città di Favara e delle persone che stanno
iniziando a conoscere questo progetto. Stiamo portando avanti questo progetto con
la Provvidenza di Dio. Mi vengono in mente quelle parole del Vangelo, quando San Luca
dice: guardate gli uccelli del cielo, i gigli del campo, non lavorano, non mietono
eppure hanno tutto e vestono meglio di Salomone. Basta fidarsi e affidarsi un po’
al Signore. Qualcuno mi ha detto che sfido la Provvidenza: a me le sfide sono sempre
piaciute. E’ bello andare avanti così.