Chiesa d'Australia e Papua critica scelta di smistare immigrati sulle isole
Venerdì scorso, i primi ministri di Australia e Papua Nuova Guinea hanno siglato un
accordo secondo il quale tutti i rifugiati che sbarcheranno sulle coste australiane
saranno portati sull’isola di Manus e poi da qui, dopo le opportune verifiche delle
richieste d’asilo, saranno smistati nelle varie isole. La Chiesa locale, attraverso
la Conferenza episcopale di Papua Nuova Guinea, critica fortemente questo accordo
che avvantaggia l’Australia – dove peraltro stanno per svolgersi le elezioni – a scapito
di Papua, già di suo Paese tra i più poveri al mondo e alle prese con gravi problemi
sociali, dove verrebbe scaricato ogni anno un numero incredibile di migranti: 15 mila
negli ultimi 12 mesi. Tuttavia, il Paese vanta una delle Costituzioni più avanzate
al mondo in tema di accoglienza. Padre Phillip Gibbs, missionario irlandese da anni
a Papua e ora segretario della Commissione episcopale per le Questioni sociali, ricorda
la “globalizzazione dell’indifferenza” citata da Papa Francesco nella sua recente
visita nell’isola italiana di Lampedusa, l’8 luglio scorso. La Chiesa richiama dunque
i governanti a quel “senso di giustizia sul quale sono fondate le nostre società e
nazioni” e invita la gente a insistere affinché si trovi una soluzione più umana.
Anche l’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati ha condannato la decisione, perché
il centro di accoglienza e soggiorno dell’isola di Manus “non soddisfa le norme di
protezione internazionale” e ha messo in guardia sulla possibile destabilizzazione
dell’isola stessa. (R.B.)