Vaticano, riforma penale. Baggio: sensibilità e impegno della Santa Sede verso il
bene comune
Con Motu proprio reso pubblico nei giorni scorsi, Papa Francesco ha riformato
il sistema della giustizia penale in Vaticano. Tra le riforme più significative, l'abolizione
dell'ergastolo, con la pena massima nello Stato della Città del Vaticano fissata ora
in 35 anni di reclusione, ma anche l'inasprimento della pena per delitti contro i
minori, compresa la pedopornografia, e la perdita di immunità per la Curia romana,
diplomatici compresi, e i dipendenti laici dello Stato vaticano. Luca Collodi
ha chiesto un commento ad Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia Politica
presso l'Istituto universitario "Sophia" di Loppiano (Fi):
R. – L’insieme
delle leggi che sono state approvate in questi giorni – che sono in continuità con
quello che aveva fatto precedentemente Benedetto XVI – non sono soltanto un atto singolo
del Papa, perché sono state elaborate da una Commissione pontificia. Hanno questo
scopo: di aggiornare le leggi dello Stato Vaticano applicando pienamente i criteri
del giusto processo e applicano anche numerose Convenzioni internazionali che la Santa
Sede ha recepito. Quindi, nell’insieme noi vediamo che c’è stato uno sforzo da parte
della Santa Sede di sensibilità, di applicare quanto di meglio l’umanità è venuta
elaborando in questi ultimi anni, sempre avendo in vista il bene comune – aiutarsi
tra Stati contro il riciclaggio, contro il terrorismo, contro i traffici illegali
e la corruzione – e soprattutto, applicando queste leggi anche a se stessa. Questo
è ciò che la Santa Sede ha fatto.
D. – L’ergastolo è stato eliminato nello
Stato della Città del Vaticano…
R. – E’ un principio di civiltà e, a maggior
ragione, è un principio che possiamo recepire avendo anche la luce e l’ausilio della
fede. È molto in linea con ciò che Papa Francesco sta dicendo in questi mesi: sempre
aperto al perdono e alla misericordia. Questo non elimina la giustizia.
D.
– La stretta su pedofilia e corruzione…
R. – Questa che ha fatto adesso Papa
Francesco è l’applicazione in sede giuridica di una volontà che ormai c’è in tutta
la Chiesa. Anzi, vorrei sottolineare che facendo degli studi comparativi vediamo che,
rispetto ad altri Stati e ad altre grandi organizzazioni, la Chiesa – dopo il dramma
che ha vissuto e prendendo atto anche delle colpe di molti dei suoi membri – ha avuto
dei provvedimenti molto più efficaci ed un’attenzione molto più forte.
D. –
Cade anche l’immunità per i curiali...
R. – Diciamo che il segnale che è stato
dato è molto forte qui. Quindi, è un segnale di disponibilità, di rinuncia a privilegi
che magari altri Stati facessero... Fatte salve naturalmente le prerogative di una
funzione, con questo gesto la Chiesa cattolica sta dicendo: “Guardate che non riteniamo
che i membri importanti, che svolgono uffici importanti nel nostro interno siano al
di sopra del giudizio delle leggi degli uomini e non soltanto di quelle di Dio”. E’
una manifestazione chiara di attitudine al servizio e di trasparenza.
D. –
Si può dire che la legislazione vaticana faccia un passo in avanti verso un’interpretazione
più "laica" della giustizia?
R. – Senz’altro sì. Laico nel senso giusto: il
sacro se si intende come qualche cosa di separato, di riservato o di protetto, non
è un concetto cristiano. Il laico è un concetto cristiano, viene da “laós”, da “popolo”,
e il cristianesimo nasce come “popolo di Dio”, come insieme. Quindi, vediamo che c’è
una base religiosa, di fede importante e poi si esprime con l’assunzione sul piano
civile delle conseguenze di questo credere nell’uomo, credere nel fatto di essere
popolo. Quindi, c’è una maggiore laicità intesa in questo senso retto: un senso al
quale il cristianesimo ha dato un contributo importante.