Si chiude oggi a Washington la prima tornata di negoziati per l’accordo di libero
scambio fra Ue e Stati Uniti
Si chiude oggi a Washington la prima tornata di negoziati per l’accordo di libero
scambio fra Ue e Stati Uniti. Al momento non sembra aver pesato sul negoziato lo scandalo
del Datagate. Sia l’Unione Europea che l’amministrazione americana, sono decise a
fare presto. La trattativa, infatti, dovrebbe concludersi per la fine del 2014. Da
Washington, ci riferisce Francesca Baronio:
Le due potenze
economiche sono già il principale partner commerciale l’una dell’altra ma si ritiene
che l’accordo possa generare una crescita di circa 100 miliardi di dollari all’anno,
circa lo 0,5% di crescita di Pil per la sola Ue, secondo i calcoli della Commissione
Europea. Per alcuni osservatori siamo di fronte all’ultimo tentativo dell’Occidente
di restare al passo con i tempi, in un mondo sempre più influenzato dalla Cina e dalle
altre economie dei BRICS. Resta il fatto che in caso di successo l’accordo potrebbe
rappresentare l’intesa più importante nel rapporto fra i due continenti dopo la fine
della guerra fredda. Come previsto la principale difficoltà non riguarda le tariffe
doganali, ma i diversi regolamenti ad esempio in campo chimico oppure agroalimentare.
I negoziati si articolano in 24 gruppi di lavoro che vanno dall’accesso ai mercati
agricoli al tessile sino all’energia e alle telecomunicazioni. Da parte statunitense
e’ per ora confermata la volontà di escludere i servizi finanziari dai negoziati,
come invece avrebbe voluto l’UE che guarda soprattutto alla regolamentazione dei derivati.
Le
due sponde dell’Atlantico stanno, dunque, investendo su questo accordo di libero scambio.
Potrebbe essere la chiave di volta per lasciarsi alle spalle la crisi sia negli Stati
Uniti che in Europa? Salvatore Sabatino lo ha chiesto all’economista Angelo
Baglioni:
R. – Purtroppo,
io non credo che questo accordo – che, per carità, è benvenuto – possa avere effetti
nel breve periodo. Primo, ci vorrà molto tempo per raggiungere l’accordo e poi sono
accordi che a loro volta entrano in vigore con un certo periodo di tempo, non certo
in tempi rapidi e danno i loro effetti nel lungo periodo. Quindi, direi che nel breve
periodo quello che si può fare di più sono, fondamentalmente, politiche di sostegno
della domanda. Gli Stati Uniti stanno cercando di fare questo con una politica monetaria
che ancora resterà molto espansiva per parecchio tempo. L’Europa, da parte sua, dovrebbe
probabilmente fare di più nel senso che alcuni Paesi, a cominciare dalla Germania,
che hanno una situazione di conti pubblici in ordine, dovrebbero fare una politica
fiscale più espansiva in modo da generare una maggiore ripresa e fare un po’ da traino
per gli altri Paesi.
Intanto in Europa la Bce, nel suo bollettino mensile,
pubblicato ieri, prevede un recupero dell'economia nel corso del 2013, ma a ritmo
moderato, notando che i rischi per le prospettive economiche dell'area dell'euro continuano
a essere orientati al ribasso. Di tutt’altro tenore le dichiarazioni del capo della
Banca Centrale giapponese, Haruhiko Kuroda, secondo il quale l'economia nipponica
sta mostrando in modo evidente segnali di ripresa.