Pakistan: cristiani minacciati e costretti a lasciare il Paese
Una famiglia cristiana della Mazoor Colony, quartiere cristiano di Karachi, è minacciata
di morte da estremisti islamici e sta cercando di lasciare il Paese. Come riferisce
l’agenzia Fides, la famiglia di Nazir Masih si è rivolta a padre Saleh Diego, parroco
della parrocchia di San Paolo a Karachi, in cerca di aiuto. Gli estremisti minacciano
di morte l’intera famiglia, composta da Nazir, da sua moglie Begum, i figli Rahil,
Leo Nazir e Arzoo. Le minacce, spiga a Fides il parroco, vanno prese molto sul serio
perché nel gennaio scorso, i fondamentalisti hanno già percosso e ucciso un altro
figlio di Nazir, Romail Masih, di 27 anni. Il giovane fu ucciso in seguito a una banale
discussione su questioni religiose. La famiglia oggi è terrorizzata ed è giunta alla
determinazione di cercare rifugio all’estero. In Canada è stata già accolta la famiglia
di Rimsha Masih, l'adolescente disabile mentale accusata falsamente di blasfemia e
arrestata nell’agosto 2012. In un caso che ebbe risonanza internazionale, Rimsha fu
liberata dopo che si accertò che l'imam che l'aveva denunciata, aveva fabbricato le
prove per incastrarla. La famiglia ha ricevuto la residenza permanente in Canada per
motivi umanitari. “Rimsha è una dei fortunati, che sono potuti fuggire”, commenta
in una nota inviata a Fides Asna Ali, intellettuale a musulmana che vive in Sud Punjab.
Secondo un rapporto del “Centre for Research and Security Studies” in Pakistan 52
persone sono state uccise negli ultimi 20 anni perché accusate i blasfemia, e fra
loro vi sono anziani, sacerdoti, minorenni. “Rimsha Masih ha potuto ricominciare la
sua vita in un Paese straniero, ma molte altre persone marciscono in carcere o sono
uccise per puro odio religioso”, afferma Asna Ali. Ancora oggi i cristiani che abitavano
nel quartiere della famiglia di Rimsha, a Islamabad, vivono in alloggi di fortuna
alla periferia di Islamabad, in quanto costretti a lasciare le loro case. “Altri accusati
di blasfemia saranno picchiati dai loro accusatori, maltrattati dalla polizia, puniti
dalla magistratura e ignorati dal pubblico”, mette in guardia Asna Ali, affermando
che la civiltà di un Paese si riconosce da come vengono trattate le minoranze religiose.
(R.P.)