Il dicastero dei Migranti per la Domenica del Mare: tutelare il benessere dei marittimi
Come ogni seconda domenica di luglio, la Chiesa celebra la domenica di Apostolato
per la gente del mare, che i cappellani e i volontari di questa specifica pastorale
svolgono in numerosi porti del mondo, fin dal 1920. Di seguito il testo del Messaggio
del Pontificio Consiglio dei Migranti, firmato dal cardinale presidente, Antonio Maria
Vegliò, e dal segretario, il vescovo Joseph Kalathiparambil:
“Questo mondo
del mare, nel continuo peregrinare di persone, oggi deve tenere conto dei complessi
effetti della globalizzazione e, purtroppo, si trova a dover affrontare anche situazioni
di ingiustizia, specialmente quando gli equipaggi sono soggetti a restrizioni per
scendere a terra, quando vengono abbandonati insieme alle imbarcazioni su cui lavorano,
quando cadono sotto la minaccia della pirateria marittima o subiscono i danni della
pesca illegale. La vulnerabilità dei marittimi, pescatori e naviganti, deve rendere
ancora più attenta la sollecitudine della Chiesa e stimolare la materna cura che,
attraverso di voi, manifesta a tutti coloro che incontrate nei porti o sulle navi,
o assistete a bordo nei lunghi mesi d’imbarco”. Con queste parole Papa Benedetto XVI
si è rivolto ai partecipanti al XXIII Congresso Mondiale dell’Apostolato del Mare,
svoltosi in Vaticano dal 19 al 23 novembre 2012. È un dato di fatto che, per oltre
90 anni, la Chiesa cattolica, attraverso l’Opera dell’Apostolato del Mare, con una
rete di cappellani e volontari presenti in oltre 260 porti del mondo, ha mostrato
la sua cura materna apportando benessere spirituale e materiale ai marittimi, ai pescatori
e alle loro famiglie.
Nel celebrare la Domenica del Mare, vogliamo invitare
tutti i membri delle nostre comunità cristiane a prendere coscienza e a riconoscere
il lavoro di quasi un milione e mezzo di marittimi che navigano a bordo di una flotta
mondiale globalizzata, composta di 100.000 navi che trasportano il 90 per cento dei
prodotti manifatturieri. Molto spesso, non ci rendiamo conto che la maggior parte
degli oggetti che usiamo quotidianamente sono stati trasportati dalle navi che solcano
gli oceani. Equipaggi multinazionali vivono difficili condizioni di vita e di lavoro
a bordo, trascorrono mesi interi lontani dai propri cari, a volte sono abbandonati
in porti stranieri senza salario, cadono vittime della criminalizzazione e devono
sopportare catastrofi naturali (tempeste, tifoni, ecc.) e umane (pirati, naufragi,
ecc.).
Ora un faro di speranza risplende nella notte oscura delle difficoltà
e dei problemi che i marittimi incontrano. La Convenzione sul Lavoro Marittimo (Mlc
2006) dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil), grazie alla ratifica da
parte di 30 Paesi membri dell'Organizzazione stessa, che rappresentano quasi il 60
per cento del tonnellaggio lordo mondiale, entrerà in vigore nel mese di agosto 2013.
Essa è il risultato di vari anni di incessanti discussioni tripartitiche (governi,
datori di lavoro e lavoratori) volte a consolidare e ad aggiornare un gran numero
di Convenzioni e Raccomandazioni sul lavoro marittimo adottate a partire dal 1920.
La MLC 2006 stabilisce i requisiti minimi internazionali per quasi tutti gli aspetti
del lavoro e delle condizioni di vita dei marittimi, comprese condizioni di lavoro
eque, assistenza medica, protezione sociale e accesso alle strutture di benessere
a terra.
Mentre, come Apostolato del Mare, salutiamo l'entrata in vigore della
Convenzione e, fiduciosi, ci auguriamo di vedere miglioramenti nella vita dei marittimi,
restiamo vigilanti ed esprimiamo la nostra accorta sollecitudine rivolgendo particolare
attenzione alla Regola 4.4 della Convenzione, il cui scopo è quello di garantire che
i marittimi in servizio a bordo di una nave abbiano accesso a strutture e servizi
a terra per salvaguardare il loro stato di salute e benessere. Dobbiamo cooperare
con le autorità competenti nei nostri porti affinché compiano ogni sforzo per agevolare
lo sbarco a terra dei marittimi all’arrivo della nave in porto, a beneficio della
loro salute e del loro benessere (cfr. B4.4.6 §5). Dobbiamo ricordare agli Stati Membri
che spetta loro promuovere lo sviluppo di strutture sociali di assistenza a terra
di facile accesso a tutti i marittimi, indipendentemente da nazionalità, razza, colore,
sesso, religione, convinzione politica od origine sociale, e dallo Stato di bandiera
della nave su cui sono impiegati o ingaggiati o prestano servizio (cfr. A4.4 §1).
Dobbiamo aiutare le autorità competenti a creare comitati sociali di assistenza a
livello locale, regionale e nazionale, per agire come intermediari per migliorare
il benessere dei marittimi in porto, riunendo attori di diversi tipi di organizzazioni
sotto un’unica identità (cfr. B4.4.3).
Inoltre, dobbiamo incoraggiare le autorità
portuali a mettere in atto, assieme ad altre forme di finanziamento, un sistema di
imposte al fine di fornire un meccanismo affidabile per sostenere i servizi di welfare
in porto (cfr. B4.4.4 §1(b)). Dato che la nostra responsabilità finale è verso i marittimi,
dobbiamo educarli e formarli sui loro diritti e sulla protezione offerta da questa
Convenzione, che è considerata anche il quarto e ultimo pilastro della legislazione
internazionale marittima. Le altre tre sono la Convenzione internazionale del 1973
per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi (Marpol), la Convenzione internazionale
del 1974 per la salvaguardia delle vite umane in mare (Solas), e la Convenzione internazionale
del 1978 sugli Standard di Addestramento, Certificazione e Tenuta della Guardia (Stcw).
Si potrà raggiungere la sua effettiva applicazione e ottenere cambiamenti reali soltanto
se la gente del mare conoscerà il contenuto della Mlc 2006. Chiediamo a Maria, Stella
del Mare, di illuminare e accompagnare la nostra missione per sostenere l’impegno
dei fedeli chiamati a dare testimonianza con la loro vita cristiana nel mondo marittimo.