Festival di Spoleto, riflessione sul "sopportare pazientemente le persone moleste"
Nell'ambito del Festival dei Due Mondi di Spoleto, prosegue il ciclo di "prediche"
sulle opere di misericordia spirituale. Oggi, nella Basilica dei Santi Domenico e
Francesco, è in programma l'intervento dell’arcivescovo di Spoleto-Norcia, Renato
Boccardo, sul tema "Pregare per i vivi e per i morti". Ieri, invece, era stata la
riflessione sul “sopportare pazientemente le persone moleste” a suscitare attenzione
attraverso le parole di padre Gianluigi Pasquale, docente di Teologia alla
Pontificia Università Lateranense. “Maestro di pazienza è Gesù e la pazienza è la
virtù tanto cara a Papa Francesco”: questo lo spunto di partenza del religioso. Gabriella
Ceraso lo ha intervistato:
R. - “La pazienza
è la virtù dei forti”, non è soltanto un detto, ma trova invece un grande radicamento
nella filosofia, in quanto la pazienza è quella forza che hanno soltanto coloro che
riescono ad attendere che gli eventi prendano il loro corso, sapendo che sono anche
regolati dalla Divina provvidenza, senza dover intervenire subito.
D. - Quindi,
sopportare pazientemente le persone moleste è tutt’altro che subire, tutt’altro che
non agire…
R. - Infatti, non è un "perdonismo". Se andassimo a leggere esattamente
il testo greco, soprattutto là dove San Paolo esorta i cristiani a sopportare pazientemente
quelle persone che ci possono infastidire, ci rendiamo conto che non si tratta di
"fastidismo". Si potrebbe tradurre così: è il poter stare in piedi per poter non solo
sopportare queste persone, ma anche proteggerle e, un po’ alla volta, “sedarle” affinché
ritornino pacifiche con noi.
D. - Al pubblico dello Spoleto Festival cosa preme
di più che arrivi?
R. - Le relazioni con gli altri ci danno speranza, sapendo
che qualsiasi altro, anche il più lontano da noi, anche un non credente, c’è sempre
quel pizzico di bene perché è creato a immagine di Dio che può riverberarsi su di
noi. Questo è quello che voglio trasmettere, fare di tutto come cristiani per non
blindarci a crisalide chiudendoci in noi stessi. Soltanto nella relazione con gli
altri e con l’altro noi vediamo quei frammenti di resurrezione che ci attendiamo dal
futuro.