2013-07-12 16:16:27

Dal Cdm ok al decreto contro le discriminazioni tra figli. Il parere dell'esperto della Cattolica


Dal Consiglio dei ministri via libera al decreto legislativo che elimina qualsiasi forma di discriminazione tra figli legittimi e figli nati fuori dal matrimonio. “Una grande segno di civiltà ", ha detto il presidente del Consiglio, Enrico Letta. Sul provvedimento Alessandro Guarasci ha intervistato Andrea Renda, docente di “Diritto di Famiglia” all’università cattolica:RealAudioMP3

R. – Sicuramente può, in linea di principio, dirsi conforme all’interesse del minore. Poi, ovviamente, si tratta di verificare, in relazione alle singole norme del decreto, come questo interesse sia stato interpretato e applicato dalla riforma.

D. – Le norme precedenti comportavano spesso problemi?

R. – Permanevano sicuramente alcune differenziazioni di trattamento che potevano ritenersi ingiustificate e che la riforma ha eliminato. La prima è la nozione di parentela che questa riforma generalizza, intendendola come il vincolo tra persone che discendono da uno stesso stipite. Con la riforma, i fratelli saranno chiamati alla successione dei propri fratelli senza distinguere se nati in matrimonio o meno. Al tempo stesso, poi, la riforma, per esempio, elimina il concetto di “potestà” genitoriale e lo sostituisce con quello di “responsabilità” genitoriale. Questo sta a significare che adesso il potere dei genitori nei confronti dei figli è un potere non nell’interesse proprio ma nell’interesse dei figli stessi. Infine, un aspetto particolarmente importante della riforma è il riconoscimento di un diritto del minore all’ascolto, sia da parte dei propri genitori, sia nel processo nel quale molto spesso il figlio non è parte e quindi, se non venisse ascoltato, non potrebbe avere il canale per esprimere la propria personale visione della questione di cui si tratta.

D. - Non c’è il pericolo in questo modo anche di sminuire il valore dell’istituto familiare?

R. – La riforma, sulla base della lettura di un testo ancora non definitivo, peraltro, continua a riconoscere una persistente tutela preferenziale al matrimonio, sia come istituto fondativo di una comunione materiale e spirituale di vita dei coniugi e destinatario di un valore sicuramente superiore rispetto alla semplice convivenza more uxorio, sia soprattutto nei suoi riflessi sulla filiazione. A me sembra che il matrimonio resti, come deve restare, il primo luogo della procreazione, secondo quanto si ricava, del resto, dall’articolo 30 della Costituzione, che nell’imporre ai genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio, presuppone che questo dovere valga primariamente se i figli sono nati proprio in matrimonio.







All the contents on this site are copyrighted ©.