2013-07-09 14:53:21

Lampedusa. Mons. Ayuso: il Papa mostra la cultura dell'accoglienza della Chiesa


La visita di Papa Francesco a Lampedusa ha testimoniato la centralità che la persona ha nel magistero della Chiesa, insieme con l'inviolabilità della dignità umana e i principi di solidarietà e di condivisione. E' quanto ricorda, nell'intervista di Fausta Speranza, padre Ayuso Guixot Miguel Angel, segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso:RealAudioMP3

R. - L’attenzione di Papa Francesco verso gli immigrati musulmani, in Lampedusa, con un breve saluto familiare dove ha espresso quanto la Chiesa sia vicina a loro. Credo metta in risalto che, di fronte a questa cruda realtà, non ci siano delle frontiere perché si tratta di qualcosa che riguarda l’essere umano, al di là della sua appartenenza culturale e religiosa. Sappiamo che moltissimi di questi immigrati sono di appartenenza religiosa musulmana. Di conseguenza, il suo gesto credo sia stato di grande valore umano di attenzione e cura dell’altro, semplicemente perché l’essere umano è fatto a immagine e somiglianza di Dio (Cfr Gen 1,26-27). Tutti portiamo in noi l’alito vitale di Dio e ogni vita umana sta sotto la particolare protezione di Dio. Questa è la ragione più profonda dell’inviolabilità della dignità umana contro ogni tentazione di valutare la persona secondo criteri utilitaristici e di potere. L’essere a immagine e somiglianza di Dio indica poi che l’uomo non è chiuso in se stesso, ma ha in Dio il riferimento essenziale (Benedetto XVI, Udienza Generale – 6 febbraio 2013).

D. - Quindi, percorriamo uno stesso cammino…

R. - Infatti, “non viviamo gli uni accanto agli altri per caso, stiamo tutti percorrendo uno stesso cammino come uomini e quindi come fratelli e sorelle” (Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2008, n. 6). La strada è la stessa, quella della vita, ma le situazioni che attraversiamo in questo percorso sono diverse: molti devono affrontare la difficile esperienza della migrazione, nelle diverse espressioni: interne o internazionali, permanenti o stagionali, economiche o politiche, volontarie o forzate.

D. - E la Chiesa?

R. - La Chiesa non cessa di ricordare che il senso profondo di questo processo epocale e il suo criterio etico fondamentale sono dati proprio dall’unità della famiglia umana e dal suo sviluppo nel bene (cfr Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, n. 42). “Tutti, dunque, fanno parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione” perché sono tutti membri di una sola famiglia umana!” (Benedetto XVI, Messaggio Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, 2011).

D. - Da qui l’importanza del dialogo, che Papa Francesco ha voluto chiamare “dialogo di amicizia e di rispetto”…

R. - Infatti, il dialogo deve essere costruito sull’amicizia, il rispetto, l’accoglienza e integrazione delle differenze, e testimoniare a tutti che, pure se siamo differenti, se tuttavia siamo coerenti con la nostra religione, assieme possiamo mettere a disposizione della società i valori che ispirano noi credenti: il rispetto della comune natura umana, il senso della fraternità, l’esigenza della solidarietà. Ricordo le parole di Benedetto XVI: “Accogliere i rifugiati e dare loro ospitalità è per tutti un doveroso gesto di umana solidarietà, affinché essi non si sentano isolati a causa dell’intolleranza e del disinteresse” (Udienza Generale del 20 giugno 2007). Papa Francesco ha parlato della “globalizzazione dell’indifferenza”, mentre la globalizzazione dovrebbe essere, diceva Benedetto XVI, un’opportunità provvidenziale per manifestare come l’autentico senso religioso possa promuovere tra gli uomini relazioni di universale fraternità. Questo è una responsabilità di tutti! I cristiani devono, cioè, essere promotori di una vera e propria "cultura dell'accoglienza", che sappia apprezzare i valori autenticamente umani degli altri, al di sopra di tutte le difficoltà che comporta la convivenza con chi è diverso da noi (cfr ivi, n. 39).

D. - Negli ultimi tempi è andata sempre più rafforzandosi anche in Italia, la presenza d’immigrati di altre religioni…

R. - Anche verso di loro, la Chiesa si impegna nella promozione umana e nella testimonianza della carità. I migranti di diversa religione vanno sostenuti, in particolare, affinché conservino la dimensione trascendente della vita. È compito dei cristiani, aiutare gli immigrati a inserirsi nel tessuto sociale e culturale del Paese che li ospita, accettandone le leggi civili. Diceva Giovanni Paolo II, che il dialogo è la via maestra da percorrere e su questa strada la Chiesa invita a camminare per passare dalla diffidenza al rispetto, dal rifiuto all’accoglienza” (cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, 2002, 1-2).

D. - Però, non sempre il dialogo è facile…

R. - Per i cristiani, però, la paziente e fiduciosa ricerca di esso costituisce un impegno da perseguire sempre. Contando sulla grazia del Signore che illumina le menti e i cuori, essi restano aperti e accoglienti verso quanti professano altre religioni. Senza smettere di praticare con convinzione la propria fede, cercano il dialogo anche con chi cristiano non è. “Se comune è la volontà di dialogare pur essendo diversi, si può trovare un terreno di proficui scambi e sviluppare un’utile e reciproca amicizia, che può tradursi anche in un’efficace collaborazione per obiettivi condivisi al servizio del bene comune” (ivi, n. 3). Stiamo celebrando il 50° Anniversario del Concilio Vaticano II. Ricordiamo perciò le parole di Paolo VI nell’Omelia per la chiusura del Concilio Vaticano II (8 dicembre 1965): “Per la Chiesa cattolica nessuno è straneo, nessuno è escluso, nessuno è lontano”.







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