Lampedusa. Acnur: grande gesto del Papa, ha reso visibili i più miseri
Ancora viva l’emozione per la visita di Papa Francesco a Lampedusa. Un viaggio che
ha portato in primo piano il drammatico tema dell’immigrazione. Il Pontefice con le
sue parole ha voluto dare dignità a chi fugge da guerre, persecuzione e fame, sottolineando
i loro diritti e la necessità di agire per far sì che non avvengano più le tragedie
simili. Dell’importanza di questa visita, Fabio Colagrande ha parlato con Laurens
Jolles, rappresentante dell’Agenzia dell’Onu per i Rifugiati per l’Europa Meridionale:
R. – Per noi,
è una visita molto importante, perché chi più del Papa riesce a focalizzare l’attenzione
dell’opinione pubblica sui problemi riguardanti i migranti e anche tentare di incoraggiare
una maggiore tolleranza e una migliore accoglienza? E’ un grande gesto. E’ un grande
gesto simbolico, il fatto che abbia scelto Lampedusa, questa piccola isola, per il
primo viaggio fuori da Roma. E credo sia stato un gesto apprezzato da tante persone.
Ho apprezzato anche tantissimo quello che ha detto. Credo che possiamo tutti, nel
nostro piccolo, guardare già a quello che possiamo fare e a come possiamo contribuire
a migliorare un poco la situazione, lasciando poi ai politici e alla comunità internazionale
il compito di vedere in che modo si possano risolvere le ragioni per cui la gente
debba partire: le violenze, la persecuzione e le guerre. Mi sono anche piaciuti molto
gli striscioni. Uno era: “Benvenuto tra gli ultimi!” Ecco, questo per me sintetizza
tutto il senso della visita. Il Santo Padre ha voluto andare a trascorrere e a stare
in preghiera insieme alle persone che in effetti sono gli ultimi.
D. – Il Papa
è stato esplicito, ha detto tra l’altro: “Domandiamo al Signore quella grazia di piangere
sulla nostra crudeltà, sulla crudeltà di coloro che nell’anonimato prendono decisioni
socioeconomiche che aprono la strada a drammi come questo”. Sarebbe lungo dire quali
sono queste decisioni socioeconomiche, come le possiamo sintetizzare?
R. –
Possono essere varie cose. Prima di tutto, c’è sempre una responsabilità dei governi,
delle autorità locali, dei Paesi da cui la gente fugge, che non riescono a dare la
protezione o a creare condizioni che possano dare la sicurezza necessaria, che noi
tutti conosciamo nei nostri Paesi. Un altro esempio potrebbe essere quello degli sfruttatori,
dei trafficanti, della gente che riesce a sfruttare la miseria, la paura di questi
migranti, che sono costretti a partire. Credo si riferisse ad alcune di queste situazioni,
ma ce ne possono anche essere altre.
D. - Il Papa ha pregato poi per la conversione
del cuore di quanti generano odio, guerra e povertà, sfruttano i fratelli, fanno indegno
commercio delle loro fragilità. Il traffico di esseri umani è dunque un tema che si
connette in maniera molto forte quando parliamo di immigrazioni nel Canale di Sicilia?
R.
– Assolutamente. Non bisogna però scordare che spesso questa per molti è l’unica maniera
per uscire, purtroppo. Non esistono ancora... Se si riesce a rompere, a smettere,
a troncare un canale se ne troverà un altro. La cosa cui bisogna pensare è che queste
persone spesso si vedono costrette a utilizzare questi canali che sono molto, molto
pericolosi, pur di uscire da una situazione che spesso è ancora più pericolosa.
D.
– Il suo auspicio che questo gesto del Papa possa davvero dare dei frutti...
R.
– Io vorrei riferirmi ad una delle osservazioni che ha fatto il Santo Padre. Se non
mi sbaglio, ha detto di avere il coraggio di accogliere chi cerca una vita migliore.
Questo la dice tutta: avere il coraggio di accogliere chi deve essere accolto.