Scontri al Cairo, uccisi numerosi sostenitori di Morsi. I Fratelli musulmani invitano
alla rivolta
Secondo i Fratelli musulmani, è salito a 77 il numero di islamisti uccisi all'alba
negli scontri con l'esercito al Cairo. Tra questi, otto donne e sette bambini. I feriti
sono 300. E 200 sono stati gli arresti. Il partito islamico Libertà e Giustizia di
Morsi fa appello a una ''sollevazione'' popolare mentre il partito islamico al-Nour,
che ha sostenuto la deposizione del presidente Morsi, si ritira dalla trattativa per
un governo di transizione. Il capo dello Stato ad interim, Adly Mansour, ha espresso
''profondo rammarico'' per le violenze di stamane, sostenendo che sono il frutto di
un tentativo dii attaccare il quartier generale della Guardia repubblicana. Mansour
ha annunciato l'istituzione di un comitato d'inchiesta sulla vicenda. Da parte sua,
la guida spirituale della Fratellanza, Mohamed Badie, ha affermato che "il capo dell'esercito
porterà l'Egitto nelle stesse condizioni della Siria". Per un'analisi della situazione
Fausta Speranza ha parlato con Daniele De Luca, docente di relazioni
internazionali all'Università del Salento:
R. – Con quello
che è successo, con le piazze che si fronteggiano, con tutti i veti incrociati, non
so quanto sarà semplice formare un governo di coalizione.
D. – Proviamo a delineare
i protagonisti intorno al tavolo: quali le formazioni principali che dovrebbero partecipare?
Sappiamo che il partito al-Nour, che ha sostenuto la deposizione di Morsi, ha confermato
di volersi ritirare da questa trattativa...
R. – Io vedrei in questo momento
almeno un paio di formazioni: l’esercito da una parte – non possiamo non tenere conto
infatti del ruolo dell’esercito in qualsiasi azione politica verrà fatta adesso in
Egitto – e poi le formazioni più laiche e quelle religiose. I religiosi non vorranno
perdere il potere: i Fratelli Musulmani, da una parte, e le nuove formazioni che si
stanno radicalizzando dall’altra, così come era avvenuto già in Nord Africa un po’
di tempo fa. La situazione diventa abbastanza complicata e, in questo momento, devo
dire, di difficile lettura. Io, inoltre, terrei ancora da conto Morsi. Nonostante
gli arresti domiciliari, ancora conta. Anche se non può avere contatti, infatti, con
la piazza, la piazza tenta di farsi sentire da lui. E se i Fratelli Musulmani pongono
il veto su una figura, per quanto legittima, come el Baradei, credo che significhi
qualcosa. La lettura e l’interpretazione della situazione egiziana diventa sempre
più complicata. La situazione può veramente cambiare di ora in ora, visto anche quello
che è successo stamattina e quello che potrebbe succedere nel momento in cui le due
piazze entrassero in conflitto e in contrasto al Cairo, ma non solo al Cairo.
D.
– Indubbiamente, c’è una piazza contro un’altra piazza: i sostenitori di Morsi e gli
oppositori. Per noi stampa internazionale è persino troppo facile fare queste contrapposizioni
ma sicuramente c’è qualcosa di meno semplicistico di questo….
R. – Questo sicuramente.
Per esempio io sono dell’opinione, sono convinto, che tutte le forze che hanno fatto
capo al presidente Mubarak, fino alla sua caduta, non siano andate in pensione, ma
che buona parte di quelle forze siano rimaste all’interno dell’esercito, in attesa
di momenti migliori. E la piazza ha dato loro la possibilità di rialzare la testa.
Molto dipenderà da come si muoverà l’esercito e se l’esercito, ad un certo punto,
vedendo che la situazione non ha un’evoluzione chiara e decisa, non deciderà di assumere
direttamente la responsabilità della guida del Paese.
D. – La comunità internazionale
finora è rimasta molto perplessa e in attesa. Ma c’è un ruolo che potrebbe svolgere
in questa fase la comunità internazionale, per evitare che sia davvero piazza contro
piazza e quindi addirittura guerra civile?
R. – Sicuramente è un momento di
attesa, perché qualsiasi azione possa intraprendere l’Unione Europea o gli Stati Uniti,
o qualsiasi altra nazione, verrebbe vista dalle due piazze – da entrambe le piazze
– come una chiara ingerenza e una limitazione della sovranità nazionale dell’Egitto.