Iraq. Il patriarca Sako ai preti: il sacerdozio è missione, non business
Nel corso degli ultimi anni la debolezza nell'esercizio dell'autorità centrale, la
vacatio di numerose sedi episcopali, la mancanza di sicurezza e lo stato di perenne
emergenza socio-politica vissuto dall'Iraq “ha avuto effetti anche sulla identità
dei sacerdoti e sulla loro spiritualità”, creando una “situazione che non può continuare”
e che va affrontata con risolutezza riscoprendo la sorgente di grazia e il vero volto
della vocazione e della missione sacerdotale. E' un richiamo forte e diretto quello
contenuto in una lettera che il patriarca di Babilonia dei caldei Louis Raphael I
Sako ha rivolto ai sacerdoti della sua Chiesa per sollecitare tutti a testimoniare
nei fatti la natura propria del ministero sacerdotale come servizio a favore dei fratelli,
per la salvezza di tutti. Nella lettera, che porta la data del 3 luglio - giorno in
cui si celebra la festa di San Tommaso Apostolo - il patriarca caldeo manifesta la
sua stima per “la maggior parte” dei sacerdoti della sua Chiesa, esprimendo gratitudine
per il loro operato. Allo stesso tempo - riporta l'agenzia Fides - mons. Sako espone
situazioni e dinamiche che vanno corrette senza indugi. “Alcuni sacerdoti” avverte
il patriarca “hanno fatto delle loro parrocchie dei piccoli imperi”. Altri “sono partiti
dall'Iraq senza permesso del vescovo, hanno fatto domanda di asilo politico o hanno
lasciato la propria Chiesa e si sono uniti a un'altra Chiesa. Alcuni non celebrano
la Messa se non il sabato e la domenica. Alcuni non predicano o, quando lo fanno,
trasformano le loro omelie in insulti o in richieste di soldi”. Il sacerdozio – ripete
il Patriarca, riecheggiando anche recenti richiami di Papa Francesco - “è una missione,
non una professione o un business”. Il sacerdote “è il polmone umano che purifica
i peccati con l'aria della Grazia divina” e “il suo successo nel lavoro è il frutto
della potenza infinita di Dio e non il risultato delle sue prestazioni individuali”.
Nella recente Assemblea sinodale - svoltasi a Baghdad dal 5 al 10 giugno - i vescovi
caldei, per porre freno a fenomeni denunciati anche dal patriarca nella sua lettera,
hanno ribadito che nessun sacerdote può abbandonare la propria diocesi senza il consenso
del vescovo. (R.P.)