Giornata per la pace in Sud Sudan. Padre Colombo: “Riconciliazione ancora lontana”
Alla vigilia del secondo anniversario dell’indipendenza dal Nord, ieri in tutti e
dieci i capoluoghi del Sud Sudan si è celebrata la Giornata nazionale di preghiera
per la pace e la riconciliazione: un’occasione per riflettere sul passato e sul futuro
del Paese, come spiega il padre comboniano Fernando Colombo, raggiunto telefonicamente
da Roberta Barbi a Rumbek, diocesi di cui è amministratore diocesano:
R. – Il passato
è un passato di ferite, di divisioni, di odio, di guerra e di uccisioni. Su questo
passato è difficile partire da zero per costruire una nuova nazione. L’idea di fare
tutto un processo di riconciliazione era già là da tempo. Adesso il presidente ha
incaricato alcuni vescovi di poter organizzare questo processo per tutta la nazione.
Non è tanto una questione di conoscenza, è una questione di rinnovamento, di conversione
per poter partire con uno spirito nuovo.
D. - Il 5 luglio scorso ha pregato
la comunità musulmana e il 6 quella cristiana, ma oggi è una giornata particolare
dove si prega tutti insieme ognuno a modo suo in ogni città…
R. - Questa consapevolezza
non è molto presente. Il processo di riconciliazione diventerà vero man mano che si
va avanti, se noi continuiamo queste iniziative per rendere la comunità consapevole,
una comunità che partecipa con azioni di perdono e dialogo. Il processo durerà anni
perché si tratterà davvero di muovere una nazione.
D. - La preghiera di oggi
mira alla riappacificazione, riconoscendo le vittime di tutte le parti, e a chiedere
perdono per gli errori fatti. Ora, però, come si può lavorare per una riconciliazione
che sembra ancora lontana?
R. - La preghiera di oggi voleva incominciare dal
Padre Eterno! Credo che sia indispensabile partire dalla consapevolezza di un Dio
unico, padre di tutti. Andando avanti ci sarà un processo soprattutto di condivisione.
Se non c’è la parola riconciliazione rimane soltanto superficiale.
D. - A due
anni dall’indipendenza del Sud e dopo una guerra civile molto lunga - con i conflitti
per le risorse naturali che si sono trasformati in contrapposizioni etniche - quali
sono i nodi ancora da sciogliere?
R. – Il primo è una difficoltà, diciamo,
generale. Prima la nazione era in qualche modo unita, combattevano un unico nemico,
che era Khartoum. Adesso, con l’indipendenza, questo nemico comune è un po’ sfuocatoe sono cominciate le lotte tra gruppi: finita la grande guerra, insomma, sono
iniziate molte altre guerre. Gli altri aspetti sono: la difficoltà di trattare con
il Nord, soprattutto sui confini; poi c’è il petrolio che appartiene al Sud, dove
sono i depositi sotto terra, ma il Nord ha sviluppato la tecnologia e ha le raffinerie.
È un gioco continuo: il Sud ha chiuso i rubinetti, quelli del Nord minacciano di chiudere
le raffinerie. È una tensione continua. L’ultimo nodo da sciogliere sono i gruppi
di ribellione armati, sia nel Nord che nel Sud: in Darfur è una guerra. Al Sud, al
confine ci sono gruppi di diversa ispirazione che continuano la violenza.