Congo: i ribelli minacciano la città di Beni. Il vescovo: "Situazione esplosiva"
Non è stato confermata la profanazione di una chiesa cattolica a Rwahwa (nel territorio
di Beni, nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo), dove nella notte del
28 giugno alcuni banditi armati sarebbero entrati nell’edificio di culto, asportando
il Santissimo. “Sono fuori diocesi e non ho ancora informazioni precise sul fatto”
dice all’agenzia Fides mons. Melchisedech Sikuli Paluku, vescovo di Butembo-Beni.
“Sto cercando di rientrare a Butembo il più rapidamente possibile per seguire la situazione
che sembra diventare più esplosiva di prima” continua il vescovo. Proprio in questi
giorni il governatore della Provincia del Nord-Kivu, Julien Paluku, ha denunciato
che la città di Beni, capoluogo dell’omonimo territorio, è minacciata da una coalizione
formata da ribelli ugandesi Adf-Nalu, da un gruppo autoctono di Mai-Mai e persino
da una compagine di Shabaab somali. Mons. Sikuli Paluku parla di “una complessità
di presenze di diversi gruppi armati vecchi e nuovi” La diocesi di Butembo-Beni vive
inoltre il dramma dei sacerdoti Assunzionisti rapiti lo scorso ottobre e dei “quali
- ricorda il vescovo - non si hanno più notizie da oltre 9 mesi”. Ma sono centinaia
le persone scomparse nella zona” denuncia mons. Sikuli Paluku. “La Monusco (Missione
Onu nella Rdc) afferma che sono 150 le persone scomparse, i gruppi della società civile
parlano invece di 300 persone, mentre i rapimenti e gli omicidi continuano senza sosta.
L’insicurezza è grave soprattutto nel nord del territorio della mia diocesi”. Sulla
presenza degli Shabaab il vescovo afferma “quello che sappiamo è che da anni nella
zona vi sono delle roccaforti somale che agiscono in convivenza con gruppi locali”.
Sikuli Paluku descrive una situazione dove vi sarebbero interessi esterni che favoriscono
la diffusione del radicalismo islamico, in un’area che ne era priva. “Subito dopo
il rapimento dei tre sacerdoti - racconta - sono stato contattato da alcune persone
che dicevano di detenerli (non so se fosse vero o meno), e che affermavano di essere
dei convertiti all’islam. Sappiamo inoltre che nella regione vi sono persone, addirittura
famiglie intere, che sono passate all’islam, non si sa bene come. Di sicuro vi sono
interessi stranieri dietro questo fenomeno. Già qualche anno fa alcuni capi tradizionali,
che erano stati invitati nella Libia di Gheddafi, si sono poi convertiti all’islam”
conclude il vescovo. (R.P.)