2013-07-06 12:10:16

Negli scontri in Egitto: ucciso nel Sinai un sacerdote copto


Dunque in questa fase si parla tanto di El Baradei, premio nobel ed ex presidente dell’Aiea. Su questa ipotesi abbiamo sentito Germano Dottori, docente di Studi strategici all’Università Luiss: RealAudioMP3

R. - Del movimento noto come Tamarrod in realtà noi purtroppo sappiamo ancora ben poco. L’unica cosa che siamo venuti a sapere è che c’è una certa area di sovrapposizione tra questo nuovo movimento e quelli che li hanno preceduti nel 2011 ed ancora prima. In particolare la matrice sembra essere rappresentata dal movimento Kefaia che svolse già un ruolo importante nei fatti del gennaio/febbraio 2001.

D. – Però, poi, c’è il ruolo degli islamisti: nella notte hanno fatto appello a mantenere la mobilitazione in Egitto…

R. - In queste ore in Egitto si sta svolgendo un confronto tra mobilitazioni contrapposte, perché evidentemente la Fratellanza Musulmana che ha perso apparentemente il controllo del Paese reagisce e mostra i muscoli. Tra le altre cose, stanno giungendo voci dall’Egitto secondo le quali l’esercito in realtà non sarebbe più compatto ed in particolare all’interno della Guardia Repubblicana ci sono, o ci sarebbero, elementi che starebbero tentando di reinsediare il presidente Morsi. La situazione, in un certo senso, è tutt’altro che stabilizzata ed è questa la grande preoccupazione che hanno tutte le cancellerie, specialmente quelle occidentali: tutti erano preoccupati che questo potesse essere il preludio di una guerra civile. Speriamo che le preoccupazioni non si materializzino.

D. - Nelle ultime ore, dai governi dell’Arabia Saudita, Kuwait e degli Emirati Arabi Uniti sono giunte promesse di aiuti finanziari, prestiti o addirittura donazioni. Sappiamo che l’Egitto è passato negli ultimi tempi dai 36 miliardi del 2010 di riserve di valuta straniera, ai circa 16 miliardi di oggi. Ma perché questo aiuto così immediato dopo queste ultime vicende?

R. - Perché l’Arabia Saudita ed i suoi satelliti del Golfo sono i veri vincitori - almeno finora - di quello che è accaduto in Egitto. I Sauditi hanno finanziato negli ultimi mesi tutte le opposizioni al presidente Morsi. Questo perché per gli Al Saud è di un’importanza straordinaria fermare l’avanzata della Fratellanza Musulmana che rappresenta una minaccia anche alla stabilità del loro regno. Dall’altro lato, si trova virtualmente soltanto il Qatar che invece è stato un grande sponsor dell’ascesa della Fratellanza Musulmana negli ultimi anni, anche se il nuovo emiro - il giovane Tamim che è succeduto pochi giorni fa a suo padre - è probabilmente meno ambizioso e più moderato sotto questo punto di vista. Noi in realtà stiamo assistendo in Egitto allo sviluppo di una partita straordinariamente complessa che si presta a più chiavi di lettura.

D. - Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon lancia un forte appello a tutte le parti in Egitto “affinché lavorino insieme per ripristinare” - dice - “l’ordine costituzionale e la governance democratica”. Ma a che punto eravamo a proposito di ordine costituzionale e governance democratica?

R. - Il problema è che per avere un sistema democratico, come lo conosciamo noi occidentali, non basta avere delle elezioni: occorre che chi vince non tenti di stabilire un regime e soprattutto non determini regole del gioco che cambiano la natura di un sistema sociale. Quello che sta accadendo in Egitto è il riflesso di una reazione al tentativo della Fratellanza Musulmana e del presidente Morsi di modificare in modo irreversibile alcune caratteristiche della società egiziana.







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