Manifestazioni pro-Morsi e scontri in Egitto. Mansour scioglie il Parlamento
Alta tensione in Egitto per il venerdì di manifestazioni organizzate dai sostenitori
del deposto presidente Morsi. Almeno tre persone sono rimaste uccise in scontri tra
esercito e dimostranti al Cairo, proteste anche ad Alessandria, mentre nel Sinai è
stato di allerta. Intanto il presidente ad interim Mansour ha sciolto il Parlamento
e nominato il nuovo vertice dell’Intelligence egiziana. Alla Cnn parla il leader dell’opposizione
El Baradei: non possiamo permetterci di far fallire il Paese. Cecilia Seppia:
Islamisti
e Fratelli Musulmani come avevano promesso sono scesi in piazza per protestare contro
la destituzione di Mohammed Morsi: hanno infiammato le strade di Suez, Alessandria,
del Cairo: qui, davanti la sede della Guardia Repubblicana, si sono verificati scontri
tra esercito e i sostenitori del deposto presidente con un bilancio di 3 morti e diversi
feriti. Una vittima anche a Luxor, mentre nella notte una serie di attacchi di gruppi
armati ha sconvolto il nord del Sinai. Per questo l’appello alla riconciliazione lanciato
dalle Forze Armate che hanno anche messo in guardia da atti di vendetta, mentre dai
Fratelli Musulmani è arrivata la richiesta all’esercito di non sparare sulla folla.
Intanto punto per punto il presidente ad interim Mansour sta applicando la road map
dei militari per facilitare la transizione e dopo la sospensione della Costituzione
oggi ha sciolto la Camera alta e nominato un nuovo capo dell’Intelligence. Sul fronte
diplomatico: l’Unione africana ha sospeso l’Egitto da tutte le attività come conseguenza
del golpe. Una nuova condanna delle violenze è arrivata dall’Onu con l’Alto Commissario
per i rifugiati, Navy Pillay che chiede di fermare uccisioni ed arresti. La Turchia,
con il premier Erdogan tuona ancora: la destituzione di Morsi è antidemocratica. Sulle
reali motivazioni che hanno portato all’uscita di scena del presidente Morsi, Emanuela
Campanile ha intervistato il teologo musulmano Adnane Mokrani,
docente di islamistica presso la Pontificia Università Gregoriana:
R. – Io sono
stato una settimana fa al Cairo e ho avuto l’opportunità di incontrare persone di
diverse tendenze ed ideologie. Credo che l’errore fondamentale che ha fatto Morsi
sia stato quello di non saper dialogare, non sapere guadagnare amici e alleati, anche
nel fronte islamista. Dunque, alla fine, si è trovato da solo: non ha saputo investire
nell’unità nazionale. Perciò questa seconda fase della rivoluzione è stata, in realtà,
una "nuova rivoluzione", perché ha avuto una partecipazione enorme, senza precedenti…
I Fratelli musulmani - e soprattutto giovani - devono rivedere ora cosa hanno fatto
e cercare di trovare una nuova strada, che non è quella dello scontro, ma quella della
partecipazione ad una vera democrazia: pluralistica, inclusiva, altrimenti non si
potrà andare avanti!
D. – Il popolo egiziano rischia qualcosa?
R. –
Quando Morsi è stato eletto, non è stato eletto solamente con i voti dei Fratelli
musulmani. Tanti giovani rivoluzionari laici, anche di sinistra hanno scelto lui,
perché rappresentava l’unica possibilità contro il vecchio regime: dunque i Fratelli
musulmani non costituiscono in Egitto una vera maggioranza. L’unica cosa che temo
è che piccoli gruppi dei Fratelli musulmani possano prendere le armi, combattere e
cadere nella trappola del terrorismo. Questo è rischioso! Spero che non sarà cosi.
D. – Il fallimento di Morsi può tradursi in un fallimento dell’ideologia dei
Fratelli musulmani?
R. – Questo è possibile. Secondo me, questa fase di transizione
è necessaria per superare l’ideologia estremista. Questa ideologia è stata presentata
come vittima dell’oppressione: adesso, che ha preso il potere, non ha saputo però
risolvere problemi, non ha saputo creare un vero consenso. Ha fallito e adesso viene
sotterrata. E’ un passaggio quasi obbligatorio verso una democrazia pluralistica,
aperta e profonda.