L'Italia deve attuare le norme Ue sull'inserimento al lavoro dei disabili: l'impegno
della Fondazione Asphi
In Italia solo il 16% delle persone con disabilità fra i 15 e i 74 anni lavora, contro
il 49,9% del totale della popolazione. Il dato è fornito dalla Fish, Federazione italiana
superamento handicap, a commento della bocciatura, ieri, da parte della Corte europea
di giustizia nei confronti dell'Italia per l'incompleta applicazione dei principi
Ue in materia di diritto al lavoro per le persone con disabili. Che ci sia qualcosa
che non funziona nelle politiche e nei servizi di inclusione è evidente, si legge
in una nota della Federazione, ma ora lo conferma anche la Corte. Spetta ora all'Italia
adeguarsi, evitando una nuova procedura di infrazione che potrebbe concludersi con
pesanti multe. Sulla sentenza della Corte Federica Baioni ha raccolto il parere
di Andrea Magalotti, segretario generale di Asphi onlus, Fondazione che si
occupa proprio di inserimento lavorativo dei disabili:
R. – Questo
è un problema abbastanza generale per il nostro Paese, per cui io interpreto questa
decisione come uno stimolo – come si usa dire oggi – ad accelerare l’attuazione delle
norme, che peraltro ci sono e che sarebbero abbastanza buone. Da noi l’attuazione,
infatti, è molto lenta. La stessa legge sulla flessibilità, che è una buona legge
e che è una delle poche – credo - che in Italia sia stata approvata all’unanimità
dal Parlamento, in termini applicativi poi è andata abbastanza a rilento. Per quanto
riguarda il lavoro, c’è sempre stata – e c’è – una certa resistenza da parte delle
aziende ad assumere persone con disabilità. Rispetto, però, ai tempi da cui noi siamo
partiti – oltre 30 anni fa – le cose sono molto migliorate. L’atteggiamento non è
più quello di una resistenza totale all’inserimento di persone con disabilità in azienda,
che c’era a quei tempi. Anche perché l’informatica aiuta molto da questo punto di
vista.
D. –Che cosa fa Asphi Onlus per aiutare un disabile ad inserirsi nel
mondo del lavoro?
R. – All’origine la nostra fu una sfida totale: quella di
mettere una persona non vedente in condizioni di fare il programmatore di calcolatori
elettronici. In realtà, attraverso l’aiuto della tecnologia dell’informazione e della
comunicazione questo è stato possibile: allora con strumenti rudimentali ed oggi con
strumenti come quello della sintesi vocale, che permettono alla persona non vedente
di ascoltare sostanzialmente i testi scritti su uno schermo. Cerchiamo di dare alle
persone con disabilità gli strumenti per potersi inserire nelle professioni informatiche,
che ormai sono tante, perché viviamo in un mondo tutto tecnologico, in cui l’informatica
e le comunicazioni permeano tutto. Quindi la prima cosa di cui ci preoccupiamo è quella
della preparazione; la seconda cosa è quella dell’inserimento in azienda – e qui abbiamo
contatti con molte aziende – e la proposta consiste nell’aiutarli a preparare l’ambiente
per accogliere una persona con disabilità. Non la si può inserire, infatti, in maniera
automatica e bisogna prepararla ad un ambiente di manager e tecnologie. Una terza
iniziativa, che noi chiamiamo “valorizzazione delle persone disabili in azienda”,
consiste invece nel cercare, nel momento in cui si hanno delle persone con disabilità
all’interno, di non dimenticarsene e di portarle avanti, facendogli fare carriera
come a tutte le altre persone, aggiornandole, tenendole al passo con quella che è
la tecnologia, con quella che è l’evoluzione del mondo e della società.