Incentivare gli investimenti esteri: se ne è parlato al Convegno di Confindustria
L’afflusso di investimenti esteri in Italia è cruciale oggi per dare uno stimolo innovativo
alla ripresa produttiva e all'occupazione. Il presidente Napolitano lo scrive in un
messaggio indirizzato ai partecipanti al Convegno di Confindustria: “Più mondo in
Italia”, che si è svolto ieri a Roma. Cauto ottimismo sulla crescita dell’economia
italiana, a partire dalla fine dell’anno, lo esprime il ministro del Lavoro, Giovannini,
intervenuto al convegno, così come il ministro dell'Economia, Saccomanni per il quale
ci sarebbero ''alcuni segnali di miglioramento”. Ottimismo poco condiviso dal presidente
di Confindustria, Squinzi. Ma quanto conterebbero per l’Italia gli investimenti stranieri?
Risponde al microfono di Adriana Masotti, Daniela Del Boca, docente
di economia all’Università di Torino: R. – Senz’altro
questo sarebbe un tema cruciale se potesse essere messo in atto. Gli investimenti
esteri che c’erano in passato in Italia ed erano abbastanza ampi sono diminuiti con
gli anni per la crisi economica e per l’irrigidimento del costo del lavoro. Di fronte
a questa diminuzione bisogna chiederci come noi riusciamo, al di là delle dichiarazioni
di intento, ad attrarre nuovi investimenti esteri. Quindi, secondo me, fino a che
in Italia il costo del lavoro sarà così elevato, per l’impresa sarà ben difficile
che ci siano investimenti nuovi. Il secondo punto sta ancora nella rigidità delle
norme, dei vincoli, già difficili per le imprese italiane medesime, quindi ancora
di più per gli imprenditori stranieri. Parlando ancora di un altro investimento, come
esempio, che è l’investimento in capitale umano dei giovani, emerge che pochissimi
giovani vengono in Italia a studiare o a lavorare mentre moltissimi giovani vanno
all’estero. Questa è una perdita di investimento e i motivi sono sempre gli stessi.
D.
– Due fatti recenti: il Consiglio europeo che ha stanziato 9 miliardi proprio per
la lotta alla disoccupazione e il decreto lavoro del governo che ha previsto detrazioni
per le imprese che assumono giovani. Qualcuno dice che non è molto, è solo un primo
passo, e che sarà difficile che con questo si possano creare veramente i posti di
lavoro che si sono annunciati. Lei che ne pensa?
R. – Che non c’è ancora un
dettaglio preciso per fare una valutazione. Mi sembra che siano interventi abbastanza
piccoli. Mentre quello che si dice nei discorsi, cioè che il problema dei giovani
è il più importante di questo Paese, la priorità, non mi sembra che ci sia veramente
questa destinazione di fondi che potrebbero servire a creare questo cambiamento. Mi
sembra che sia un intervento che avrebbe potuto essere fatto senz’altro in passato
quando la situazione non era ancora così grave.
D. – Dunque che cosa bisognerebbe
fare: avere più coraggio, prendere decisioni più drastiche…
R. – Sì, sono due
anni che si parla di “spending review” e che si sono assunti tecnici, che si sono
messi al lavoro saggi, ma su questa cosa non si riesce a fare questi tagli alla spesa.
Vanno fatti tagli alla spesa, non alla spesa importante come la sanità, ma alla spesa
della politica, ai costi della politica, fare liberalizzazioni, le province le regioni,
tutti i costi che stanno all’interno di questa enorme istituzionalizzazione del settore
pubblico… E’ lì che si può veramente trovare qualche possibilità di cambiamento
D.
– Quindi meno tasse e tagliare invece la spesa…