Usa e Ue ai ferri corti sul Datagate. Obama: daremo le informazioni
Lo spionaggio dell'Europa da parte degli Stati Uniti deve cessare ''immediatamente''.
Lo chiede a Washington il presidente francese Hollande. Obama assicura che saranno
date tutte le spiegazioni possibili. Il premier Letta si dice certo che gli Usa chiariranno.
Giampiero Guadagni:
Chiarezza,
subito. E’ quanto chiedono a Washington l’Unione europea e i singoli stati membri
dopo le rivelazioni sulle azioni di spionaggio degli Stati Uniti nelle ambasciate
europee, compresa quella italiana. Una vicenda definita molto spinosa dal capo dello
Stato Napolitano e dal ministro degli Esteri Emma Bonino. In una nota, il titolare
della Farnesina esprime fiducia sul fatto che verranno fornite tutte le informazioni
e assicurazioni necessarie, nello spirito di collaborazione e amicizia che caratterizza
il rapporto tra i due Paesi. In una intervista, il ministro della Difesa Mauro osserva
che se la cosa fosse provata, i rapporti tra Italia e America sarebbero compromessi.
Alzano la voce Berlino e Parigi. Senza garanzie non ci saranno negoziati sull'accordo
di libero scambio con Washington, afferma il presidente francese Hollande. Obama assicura:
forniremo tutte le informazioni agli alleati. Nel frattempo il presidente americano
e quello russo Putin hanno incaricato i rispettivi servizi segreti di trovare una
soluzione per il caso Snowden, l'ex consulente della Cia che, dopo aver rivelato lo
scandalo delle intercettazioni segrete, è fuggito e si trova da giorni nell'aeroporto
di Mosca, da dove ha chiesto asilo politico a 15 paesi.
Sulla vicenda, Massimiliano
Menichetti ha raccolto il commento di Gianni Cipriani, esperto d’intelligence
e direttore di Globalist.it:
R. – L’intera
vicenda dimostra semplicemente che le nuove tecnologie e il loro utilizzo, praticamente,
non hanno confini e non hanno frontiere. Quindi, quando si hanno a disposizione degli
strumenti che ottengono dei risultati, difficilmente ci si riesce ad autolimitare.
D.
– Le super potenze hanno sempre utilizzato lo spionaggio. Perché, secondo lei, questo
caso suscita tutto questo clamore?
R. – La mia personale opinione è che la
vicenda Snowden sia da ricollegarsi nell’ambito di una più vasta guerra psicologica.
Tutta questa vicenda ha un enorme ricasco mediatico e quindi conseguenze politiche,
in termini negativi, per l’amministrazione americana. Da un punto di vista sostanziale,
però, formalmente, si è scoperto quello che già ragionevolmente si poteva ipotizzare,
ossia che la National Security Agency, una delle agenzie più potenti al mondo, spiasse
il mondo avendone le capacità. Fondamentalmente, la notizia è che la Nsa sta facendo
il suo lavoro. Quando queste cose, che si fanno ma non si dicono, vengono scoperte
e si entra nei dettagli, allora scoppia il clamore mediatico. Ecco perché io credo
che la vicenda Snowden, al di là delle intenzioni dell’agente della Cia, che sono
di carattere – almeno così lui dice – etico, sia un’enorme operazione di guerra psicologica
a livello internazionale.
D. – A quale fine?
R. – Nel mondo dello spionaggio
c’è una compravendita di spie, ma spesso i segreti che vengono carpiti rimangono tali.
Perché se la super potenza “X” conosce i segreti della super potenza “Y”, ovviamente
non li diffonde, ma prende solo delle contromisure, senza dare troppo nell’occhio.
In questo caso, invece, siamo di fronte ad una battaglia che si è combattuta prevalentemente
sui giornali. Per cui tecnicamente non c’è da un punto di vista dello spionaggio null’altro
che un discredito, che viene fatto nei confronti degli Stati Uniti. I beneficiari
sono tutti i competitor degli Usa. Perché va ricordato che questo tipo di spionaggio,
più o meno, viene fatto da tutti, anche quindi da altre grandi potenze.
D.
– Berlino ribadisce che lo spionaggio si fa tra nemici e che questo è un “clima da
guerra fredda...”
R. – Teoricamente non si fa, ma in realtà è sempre stato
così. Se noi ricordiamo - tanto per fare un esempio che ci riguarda - la crisi di
Sigonella, in quell’occasione si scoprì che gli americani riuscivano ad intercettare
le comunicazioni private tra gli esponenti del governo italiano. E certamente l’Italia
è un fedele alleato degli Stati Uniti dal dopoguerra. In questo mondo dell’intelligence
tutti sono alleati, quando non sono dichiaratamente nemici, ma in realtà ognuno gestisce
propri interessi. Personalmente, nel 2000, per conto della Commissione Stragi, feci
una ricerca nei National Archives e lì emerse chiaramente che molti funzionari italiani,
anche ad alto livello – militare, ministeriale e di governo – erano fonti, cioè confidenti
degli Stati Uniti. Evidentemente le reti di spionaggio vanno oltre quello che ufficialmente
si dice.
D. – Questa vicenda come si concluderà, secondo lei?
R. – E’
difficile dirlo, perché lo scandalo si sta allargando. C’è da capire come vorranno
reagire gli Stati Uniti, che sono appunto nell’occhio del ciclone. Una delle tecniche
della guerra psicologica, però, è la propaganda e la contro propaganda o la disinformazione
offensiva. Magari tra qualche mese ci sarà uno scandalo che riguarda cose analoghe
riferito ad altre super potenze, così si pareggerebbe a livello internazionale l’immagine
e si getterebbe discredito da un’altra parte.