Al "Festival dei Due Mondi", ciclo di meditazioni sulle opere di misericordia. Mons.
Fisichella: la fede è incontro con Gesù
Dopo la felice esperienza dell'anno scorso, in cui le prediche sui sette vizi capitali
hanno riscosso un interesse di pubblico eccezionale, quest'anno il "Festival dei Due
Mondi" a Spoleto propone un nuovo ciclo di meditazioni dedicato alle Opere di misericordia
spirituale. Sette appuntamenti fino al 13 luglio. Sull’importanza di riscoprire
il significato di queste opere, Antonella Palermo ha intervistato mons.
Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione,
che collabora alla realizzazione dell’iniziativa:
R. – La fede
non è una teoria, la fede è l’incontro con una persona. Papa Francesco, qualche settimana
fa, ci ha detto che dobbiamo essere capaci di sostenere la cultura dell’incontro,
ma incontrando Gesù bisogna incontrare anche gli altri. Le opere di misericordia non
sono altro che l’esigenza di dover esprimere la propria presenza nel mondo di oggi.
Tante volte non si conoscono a livello intellettuale o a memoria però le incontriamo
quotidianamente, non sono altro che espressione della nostra vita quotidiana che siamo
chiamati nella fede a dover vivere in maniera differente, cioè a voler dare un significato
e a realizzarlo perché Gesù ci ha detto che ogni qual volta facciamo questo a uno
dei più piccoli lo abbiamo fatto a Lui.
D. – Lei aprirà il ciclo di prediche
con un intervento su “Consigliare i dubbiosi”: qual è la sfida di chi dice di aver
fede?
R. – In qualche modo dobbiamo diventare anche noi dubbiosi con i dubbiosi.
Il dubbio va anche sostenuto. Il dubbio come tale non è un elemento negativo, il dubbio
è il tentativo di voler conoscere sempre di più. Il tentativo come già sosteneva Sant’Agostino,
contiene già in sé la verità se si dubita è perché si vuole tendere alla verità. Quindi
il consiglio è farsi vicino alla persona che ricerca e in questo modo essere capaci
di vivere di misericordia. La misericordia, come dice la parola stessa, è il cuore
che prova pietà, che si impietosisce, è il cuore che vuole incontrare, condividere,
partecipare anche all’altra persona. Quindi non è il porsi in una situazione di superiorità
nel momento in cui si consiglia. Ma è il porsi come la persona amica che fa un tratto
di strada insieme.
D. - Possiamo dire che due parole chiave che attraversano
tutte le opere di misericordia sono umiltà e pazienza?
R. - Certamente. Davanti
alla misericordia siamo chiamati realmente a vivere di umiltà perché troviamo dinanzi
a noi l’atto supremo della misericordia di Dio, cioè la sua bontà, la sua tenerezza
nei nostri confronti e dall’altra parte anche la pazienza che invece ci tocca in quel
cammino quotidiano che ci fa comprendere quanto l’idea da raggiungere sia alta, sia
importante, e però noi siamo sempre deboli. In questa debolezza abbiamo bisogno anche
di fare i conti con noi stessi, con le nostre contraddizioni e i nostri limiti. Davanti
alla misericordia di Dio ci vuole solo ed esclusivamente il desiderio, che non deve
mai venire meno, di chiedere noi stessi aiuto.