Il segretario di Stato Usa Kerry in Medio Oriente per rilanciare il processo di pace
Prosegue la visita del segretario di Stato americano, John Kerry, in Medio Oriente.
Gli Stati Uniti tentano, così, di rilanciare il difficile processo di pace israelo-palestinese.
Ieri sera, il capo della diplomazia di Washington ha avuto un lungo colloquio a Gerusalemme
col premier israeliano, Benyamin Netanyahu. Oggi, invece, l'incontro ad Amman con
il presidente palestinese, Abu Mazen. Sull’azione diplomatica di Kerry, Salvatore
Sabatino ha intervistato Marcella Emiliani, esperta dell’area:
R. - Visto il
pericolo rappresentato dal dilagare della guerra civile siriana, urge una iniziativa
diplomatica internazionale, che abbia - diciamo così - una visione il più possibile
regionale. E’ chiaro che, accanto al problema siriano, c’è sempre il vecchio contenzioso
israelo-palestinese. Ora vediamo quali saranno i risultati.
D. - Il premier
israeliano Netanyahu pare che sia pronto a cedere il 90% dei territori occupati in
cambio di sicurezza. Un’apertura che suona davvero come una svolta...
R. -
Non voglio mettere in discussione le intenzioni del primo ministro israeliano, ma
allo stato attuale è molto difficile dire qual è il territorio della sola Cisgiordania
che è rimasto disponibile per la restituzione. Non dimentichiamoci che c’è una moltiplicazione
continua, ancora in atto, della colonizzazione ebraica in Cisgiordania. L’altro punto
che ha posto Netanyahu è che venga garantita la sicurezza di Israele in cambio della
restituzione dei territori. Il problema qui è: chi ha il controllo di tutte le formazioni
palestinesi, che ancora oggi militano per la distruzione di Israele?
D. - C’è
un "pressing" in corso di Stati Uniti e Europa, secondo indiscrezioni di stampa, affinché
i palestinesi acconsentano alla ripresa dei negoziati. Che tipo di risposta ci possiamo
aspettare?
R. - Io credo che Abu Mazen porrà la condizione che pone sempre:
prima di tutto che Israele dia un segno di buona volontà sospendendo la colonizzazione
dei territori e possibilmente allentando la morsa attorno a Gaza. Dopo di che, vista
l’esperienza passata, si daranno anche loro la classica regolata.
D. - Kerry
ha detto chiaramente di non voler indicare scadenze per il processo di pace. Però,
ha avvertito che sono necessari progressi prima dell’Assemblea generale dell’Onu di
settembre. Cosa avverrà in quella data?
R. - In quella data, intanto, dovrebbe
già essersi svolta la Conferenza di "Ginevra 2" sulla Siria, in cui sarà possibile
testare innanzitutto se è stato raggiunto un minimo di accordo tra le due superpotenze,
Stati Uniti e Russia, per quello che riguarda la Siria stessa. Secondariamente bisogna
vedere anche l’atteggiamento degli altri contendenti del conflitto siriano, che sono
l’Arabia Saudita e il Qatar, che - come sappiamo - armano l’opposizione, quando non
sono addirittura in dissidio tra di loro anche su questo punto. Quindi, è chiaro che
per i tempi del Medio Oriente, dove i conflitti dilagano alla velocità della luce,
parlare di ottobre è già una data parecchio, parecchio dilazionata. Certamente, però,
il fatto che Kerry sia così pressante con le iniziative diplomatiche in Medio Oriente
è, se non altro, un buon segnale.